Verdi – Il Trovatore

IL TROVATORE

Dramma in quattro parti

Music: Giuseppe Verdi
Libretto: Salvatore Cammarano
Consulted source: Printed Libretto, Ricordi, Milan1853
Consulted copy: Biblioteca Casanatense, Rom
Image: Francisco Goya,The Sleep of Reason Produces Monsters, detail, Biblioteca Nacional de Espana, Madrid

 

 

 

PARTE I
SCENA I
Ferrando, Familiari del Conte, Arimigeri
FERRANDO All’erta, all’erta! Il Conte
n’è d’uopo attender vigilando; ed egli
talor presso i veroni
della sua cara, intere
passa le notti.
FAMILIARI Gelosia, le fiere
serpi gli avventa in petto!
FERRANDO Nel Trovator, che dai giardini muove
notturno il canto, d’un rivale a dritto
ei teme.
FAMILIARI Palpèbre il sonno a discacciar, la vera
storia ci narra di Garzia, germano
al nostro Conte.
FERRANDO La dirò, venite
intorno a me.
ARMIGERI Noi pure.
FAMILIARI Udite, udite.
FERRANDO Di due figli vivea padre beato
il buon Conte di Luna.
Fida nutrice del secondo nato
dormia presso la cuna.
Sul romper dell’aurora un bel mattino
ella dischiude i rai,
e chi trova d’accanto a quel bambino?
CORO Chi? Favella! Chi mai?
FERRANDO Abbiètta zingara, fosca vegliarda,
cingeva i simboli di una malïarda!
E sul fanciullo, con viso arcigno,
l’occhio affiggeva torvo, sanguigno!
D’orror compresa è la nutrice,
acuto un grido all’aura scioglie.
Ed ecco, in meno che il labbro il dice,
i servi accorrono in quelle soglie,
e fra minacce, urli e percosse,
la rea discacciano ch’entrarvi osò.
CORO Giusto quei petti sdegno commosse.
L’insana vecchia lo provocò.
FERRANDO Asserì che tirar del fanciullino
l’oroscopo volea.
Bugiarda! Lènta febbre del meschino
la salute struggea.
Coverto di pallor, languido, affranto,
ei tremava la sera,
il dì traeva in lamentevol pianto.
Ammalïato egli era!
La fatucchiera perseguitata
Fu presa, e al rogo fu condannata.
Ma rimaneva, la maledetta,
figlia, ministra di ria vendetta!
Compì quest’empia nefando eccesso.
Sparve il bambino… e si rinvenne
mal spenta brace nel sito stesso
ov’arsa un giorno la strega venne,
e d’un bambino, ohimè,… l’ossame
bruciato a mezzo, fumante ancor!
CORO Ah scellerata! Oh donna infame!
Del par m’investe odio ed orror.
ALCUNI E il padre?
FERRANDO Brevi e tristi giorni visse.
Pure ignoto del cor presentimento
gli diceva, che spento
non era il figlio; ed a morir vicino,
bramò che il signor nostro a lui giurasse
di non cessar le indagini. Ah, fur vane!
ARMIGERI E di colei non s’ebbe
contezza mai?
FERRANDO Nulla contezza… Oh, dato
mi fosse rintracciarla
un dì!
FAMILIARI Ma ravvisarla
potresti?
FERRANDO Calcolando
gli anni trascorsi… io potrei.
ARMIGERI Sarebbe
tempo presso la madre
all’inferno spedirla.
FERRANDO All’inferno? È credenza, che dimori
ancor nel mondo l’anima perduta
dell’empia strega, e quando il cielo è nero
in varie forme altrui si mostri.
CORO È vero! È ver!
ALCUNI Sull’orlo dei tetti alcun l’ha veduta!
ALTRI In upupa o strige talora si muta!
ALTRI In corvo tal’altra, più spesso in civetta,
sull’alba fuggente al par di saetta!
FERRANDO Morì di paura un servo del conte,
che avea della zingara percossa la fronte!
Apparve a costui d’un gufo in sembianza,
nell’alta quïete di tacita stanza.
Con l’occhio lucente guardava… guardava,
il cielo attristando d’un urlo feral!
Allor mezzanotte appunto suonava…
TUTTI Ah, sia maledetta la strega infernal!
SCENA II
Leonora, Ines
INES Che più t’arresti? L’ora è tarda, vieni.
Di te la regal donna
chiese, l’udisti.
LEONORA Un’altra notte ancora
senza vederlo!
INES Perigliosa fiamma
tu nutri. Oh come, dove
la primiera favilla
in te s’apprese?
LEONORA Ne’ tornei. V’apparve
bruno le vesti ed il cimier, lo scudo
bruno e di stemma ignudo,
sconosciuto guerrier, che dell’agone
gli onori ottenne. Al vincitor sul crine
il serto io posi. Civil guerra intanto
arse. Nol vidi più! Come d’aurato
sogno fuggente imago! Ed era volta
lunga stagion… ma poi…
INES Che avvenne?
LEONORA Ascolta.
Tacea la notte placida.
Bella in ciel sereno,
la luna il viso argenteo
mostrava lieto e pieno.
Quando suonar per l’aere,
infino allor sì muto,
dolci s’udiro e flebili
gli accordi d’un lïuto,
e versi melanconici
un trovator cantò.
Versi di prece ed umile,
qual d’uom che prega Iddio.
In quella ripeteasi
un nome… il nome mio!
Corsi al veron sollecita…
egli era, egli era desso!
Gioia provai che agli angeli
solo è provar concesso!
Al core, al guardo estatico
la terra un ciel sembrò.
INES Quanto narrasti di turbamento
m’ha piena l’alma! Io temo…
LEONORA Invano!
INES Dubbio, ma tristo presentimento
in me risveglia quest’uomo arcano.
Tenta obliarlo.
LEONORA Che dici! Oh, basti!
INES Cedi al consiglio dell’amistà.
Cedi…
LEONORA Obliarlo! Ah, tu parlasti
detto, che intendere l’alma non sa.
Di tale amor che dirsi
mal può dalla parola,
d’amor che intendo io sola.
Il cor s’inebriò.
Il mio destino compirsi
non può che a lui dappresso…
S’io non vivrò per esso,
Per esso io morirò!
INES (Non debba mai pentirsi
chi tanto un giomo amò!)
SCENA III
Conte, Manrico
CONTE Tace la notte! Immersa
nel sonno, è certo la regal signora.
Ma veglia la sua dama… Oh, Leonora!
Tu desta sei; mel dice,
da quel verone, tremolante un raggio
della notturna lampa.
Ah, l’amorosa vampa
m’arde ogni fibra! Ch’io ti vegga è d’uopo,
che tu m’intenda…Vengo… A noi supremo
è tal momento.
Il Trovator! Io fremo!
MANRICO Deserto sulla terra,
col rio destino in guerra,
e sola spese un cor
al trovator!
Ma s’ei quel cor possiede,
bello di casta fede,
e d’ogni re maggior,
il trovator!
CONTE Oh detti! Oh gelosia!
Non m’inganno… Ella scende!
SCENA IV
Leonora, Conte, Manrico
LEONORA Anima mia!
CONTE (Che far?)
LEONORA Più dell’usato
è tarda l’ora; io ne contai gl’istanti
coi palpiti del core!… Alfin ti guida
pietoso amor tra queste braccia…
MANRICO Infida!
SCENA V
Manrico, Leonora, Conte
LEONORA Qual voce! Ah, dalle tenebre
tratta in errore io fui!
A te credei rivolgere
l’accento, e non a lui.
A te, che l’alma mia
sol chiede, sol desìa.
Io t’amo, il giuro, io t’amo
d’immenso, eterno amor!
CONTE Ed osi?
MANRICO (Ah, più non bramo!)
CONTE Avvampo di furor!
Se un vil non sei, discovriti!
LEONORA (Ohimè!)
CONTE Palesa il nome!
LEONORA Deh, per pietà!
MANRICO Ravvisami,
Manrico io son.
CONTE Tu! Come!
Insano temerario!
D’Urgel seguace, a morte
proscritto, ardisci volgerti
a queste regie porte?
MANRICO Che tardi? Or via, Ie guardie
appella, ed il rivale
al ferro del carnefice
consegna.
CONTE Il tuo fatale
istante assai più prossimo
è. Dissennato, vieni!
LEONORA Conte!
CONTE Al mio sdegno vittima
è d’uopo ch’io ti sveni.
LEONORA Oh ciel, t’arresta!
CONTE Seguimi…
MANRICO Andiam.
LEONORA (Che mai farò?
Un sol mio grido perdere
lo puote.) M’odi!
CONTE No!
Di geloso amor sprezzato
arde in me tremendo il foco!
Il tuo sangue, o sciagurato,
ad estinguerlo fia poco!
Dirgli, o folle, “io t’amo” ardisti!
Ei più vivere non può…
Un accento proferisti
che a morir lo condannò!
LEONORA Un istante almen dia loco
il tuo sdegno alla ragione.
Io, sol io di tanto foco
son, pur troppo, la cagione!
Piombi, ah, piombi il tuo furore
sulla rea che t’oltraggiò.
Vibra il ferro in questo core,
che te amar non vuol, non può.
MANRICO Del superbo vana è l’ira.
Ei cadrà da me trafitto.
Il mortal che amor t’inspira,
dall’amor fu reso invitto.
La tua sorte è già compita.
L’ora ormai per te suonò!
Il suo core e la tua vita
il destino a me serbò.

 

PARTE II
SCENA I
Azucena, Manrico, Zingari
ZINGARI Vedi! Le fosche notturne spoglie
de’ cieli sveste l’immensa volta.
Sembra una vedova che alfin si toglie
i bruni panni ond’era involta.
All’opra! all’opra! Dagli, martella.
Chi del gitano i giorni abbella?
La zingarella!
UOMINI Versami un tratto, lena e coraggio
il corpo e l’anima traggon dal bere.
TUTTI Oh guarda, guarda! Del sole un raggio
brilla più vivido nel mio bicchiere.
All’opra, all’opra! Dagli, martella.
Quale a noi splende propizia stella?
La zingarella!
AZUCENA Stride la vampa! La folla indomita
corre a quel fuoco lieta in sembianza.
Urli di gioia intorno echeggiano.
Cinta di sgherri donna s’avanza!
Sinistra splende su’ volti orribili
la tetra fiamma che s’alza al ciel!
Stride la vampa! Giunge la vittima
nerovestita, discinta e scalza!
Grido feroce di morte levasi.
L’eco il ripete di balza in balza!
Sinistra splende sui volti orribili
la tetra fiamma che s’alza al ciel!
ZINGARI Mesta è la tua canzon!
AZUCENA Del pari mesta
che la storia funesta
da cui tragge argomento!
Mi vendica… Mi vendica!
MANRICO (L’arcana
parola ognor!)
VECCHIO ZINGARO Compagni, avanza il giorno.
A procacciarci un pan, su, su scendiamo
per le propinque ville.
UOMINI Andiamo.
DONNE Andiamo.
ZINGARI Chi del gitano i giorni abbella?
La zingarella!
MANRICO Soli or siamo: deh narra
quella storia funesta.
AZUCENA E tu la ignori,
tu pur!… Ma giovinetto i passi tuoi
d’ambizïon lo sprone
lungi traea! Dell’ava il fine acerbo
è quella storia. La incolpò superbo
conte di malefizio, onde asseria
colto un bambin suo figlio. Essa bruciata
venne dov’arde quel foco!
MANRICO Ahi, sciagurata!
AZUCENA Condotta ell’era in ceppi al suo destin tremendo,
col figlio, teco, in braccio io la seguìa piangendo.
Infino ad essa un varco tentai, ma invano, aprirmi.
Invan tentò la misera fermarsi, e benedirmi,
ché, fra bestemmie oscene, pungendola coi ferri,
al rogo la cacciavano gli scellerati sgherri!
Allor, con tronco accento: mi vendica! sclamò.
Quel detto un eco eterna in questo cor lasciò.
MANRICO La vendicasti?
AZUCENA Il figlio giunsi a rapir del conte.
Lo trascinai qui meco… le fiamme ardean già pronte.
MANRICO Le fiamme? Oh ciel! Tu forse?
AZUCENA Ei distruggeasi in pianto.
Io mi sentiva il core dilaniato, infranto!
Quand’ecco agli egri spirti, come in un sogno, apparve
la visïon ferale di spaventose larve!
Gli sgherri ed il supplizio! La madre smorta in volto…
scalza, discinta! Il grido, il noto grido ascolto,
Mi vendica!… La mano convulsa tendo… stringo
la vittima… nel foco la traggo, la sospingo!
Cessa il fatal delirio… L’orrida scena fugge.
La fiamma sol divampa, e la sua preda strugge.
Pur volgo intorno il guardo, e innanzi a me vegg’io
dell’empio conte il figlio!
MANRICO Ah! come?
AZUCENA Il figlio mio,
mio figlio avea bruciato!
MANRICO Che dici? Quale orror!
AZUCENA Sul capo mio le chiome sento rizzarsi ancor!
MANRICO Non son tuo figlio? E chi son io, chi dunque?
AZUCENA Tu sei mio figlio!
MANRICO Eppur dicesti…
AZUCENA Ah, forse…
Che vuoi? Quando al pensier s’affaccia il truce
caso, lo spirto intenebrato pone
stolte parole sul mio labbro… Madre,
tenera madre non m’avesti ognora?
MANRICO Potrei negarlo?
AZUCENA A me, se vivi ancora,
nol dei? Notturna, nei pugnati campi
di Pelilla, ove spento
fama ti disse, a darti
sepoltura non mossi? La fuggente
aura vital non iscovrì, nel seno
non t’arrestò materno affetto? E quante
cure non spesi a risanar le tante
ferite!
MANRICO Che portai nel dì fatale…
Ma tutte qui, nel petto! Io sol, fra mille
già sbandati, al nemico
volgendo ancor la faccia! Il rio De Luna
su me piombò col suo drappello; io caddi,
però da forte io caddi!
AZUCENA Ecco mercede
ai giorni, che l’infame
nel singolar certame
ebbe salvi da te! Qual t’acciecava
strana pietà per esso?
MANRICO Oh madre! Non saprei dirlo a me stesso!
Mal reggendo all’aspro assalto,
ei già tocco il suolo avea.
Balenava il colpo in alto
che trafiggerlo dovea…
quando arresta un moto arcano,
nel discender, questa mano…
le mie fibre acuto gelo
fa repente abbrividir!
Mentre un grido vien dal cielo,
che mi dice: non ferir!
AZUCENA Ma nell’alma dell’ingrato
non parlò del cielo un detto!
Oh! se ancor ti spinge il fato
a pugnar col maledetto,
compi, o figlio, qual d’un Dio,
compi allora il cenno mio!
Di vendetta giusta brama
sorga, furor…accenda il tuo
sino all’elsa questa lama
vibra, immergi all’empio in cor.
MANRICO L’usato messo Ruiz invia!
Forse…
AZUCENA Mi vendica!
SCENA II
Manrico, Messo, Azucena
MANRICO Inoltra il piè.
Guerresco evento, dimmi, seguìa?
MESSO Risponda il foglio che reco a te.
MANRICO In nostra possa è Castellor; ne dei
tu, per cenno del prence,
vigilar le difese. Ove ti è dato,
affrettati a venir. Giunta la sera
tratta in inganno di tua morte al grido,
nel vicin claustro della croce il velo
cingerà Leonora. Oh giusto cielo!
AZUCENA (Che fia!)
MANRICO Veloce scendi la balza,
e d’un cavallo a me provvedi.
MESSO Corro.
AZUCENA Manrico!
MANRICO Il tempo incalza.
Vola, m’aspetta del colle a’ piedi.
AZUCENA E speri, e vuoi?
MANRICO (Perderla? Oh ambascia!
Perder quell’angelo?)
AZUCENA (È fuor di se!)
MANRICO Addio.
AZUCENA No… ferma… odi…
MANRICO Mi lascia.
AZUCENA Ferma. Son io che parlo a te!
Perigliarti ancor languente
per cammin selvaggio ed ermo.
Le ferite vuoi, demente,
riaprir del petto infermo?
No, soffrirlo non poss’io.
Il tuo sangue è sangue mio!
Ogni stilla che ne versi
tu la spremi dal mio cor!
MANRICO Un momento può involarmi
il mio ben, la mia speranza!
No, che basti ad arrestarmi
terra e ciel non han possanza.
Ah, mi sgombra, o madre, i passi.
Guai per te s’io qui restassi!
Tu vedresti ai piedi tuoi
spento il figlio dal dolor!
SCENA III
Conte, Ferrando
CONTE Tutto è deserto; né per l’aura ancora
suona l’usato carme.
In tempo io giungo!
FERRANDO Ardita opra, o signore,
imprendi.
CONTE Ardita, e qual furente amore
ed irritato orgoglio
chiesero a me. Spento il rival, caduto
ogni ostacol sembrava a’ miei desiri.
Novello e più possente ella ne appresta.
L’altare! Ah no, non fia
d’altri Leonora! Leonora è mia!
CORO DI RELIGIOSE Ah, se l’error t’ingombra,
o figlia d’Eva, i rai,
presso a morir, vedrai
che un’ombra, un sogno fu.
Anzi del sogno un’ombra
la speme di quaggiù!
Vieni, e t’asconda il velo
ad ogni sguardo umano,
aura, o pensier mondano
qui vivo più non è.
Al ciel ti volgi e il cielo
si schiuderà per te.
SCENA IV
Leonora, Donne, Conte, Ferrando, Manrico
LEONORA Perchè piangete?
DONNE Ah, dunque
tu per sempre ne lasci!
LEONORA O dolci amiche,
un riso, una speranza, un fior la terra
non ha per me! Degg’io
volgermi a quei che degli afflitti è solo
conforto, e dopo i penitenti giorni,
può fra gli eletti al mio perduto bene
ricongiungermi un dì. Tergete i rai,
e guidatemi all’ara!
CONTE No, giammai!
DONNE Il Conte!
LEONORA Giusto ciel!
CONTE Per te non havvi
che l’ara d’imeneo.
DONNE Cotanto ardìa!
LEONORA Insano! E qui venisti?
CONTE A farti mia.
LEONORA E deggio… e posso crederlo?
Ti veggo a me d’accanto!
È questo un sogno, un’estasi,
un sovrumano incanto!
Non regge a tanto giubilo
rapito, il cor sospeso!
Sei tu dal ciel disceso,
o in ciel son io cor te?
CONTE Dunque gli estinti lasciano
di morte il regno eterno!
A danno mio rinunzia
le prede sue l’inferno!
Ma se non mai si fransero
de’ giorni tuoi gli stami,
se vivi e viver brami,
fuggi da lei, da me.
MANRICO Né m’ebbe il ciel, né l’orrido
varco infernal sentiero.
Infami sgherri vibrano
colpi mortali, è vero!
Potenza irresistibile
hanno de’ fiumi l’onde!
Ma gli empi un Dio confonde!
Quel Dio soccorse a me.
DONNE Il cielo in cui fidasti
pietade avea di te.
FERRANDO, SEGUACI Tu col destin contrasti.
Suo difensore egli è.
SCENA V
Ruiz, Leonora, Conte, Ferrando, Manrico
RUIZ Urgel viva!
MANRICO Miei prodi guerrieri!
RUIZ Vieni.
MANRICO Donna, mi segui.
CONTE E tu speri?
LEONORA Oh!
MANRICO T’arretra.
CONTE Involarmi costei!
No!
RUIZ, ARMATI Vaneggia!
FERRANDO, SEGUACI Che tenti, signor!
CONTE Di ragione ogni lume perdei!
LEONORA (M’atterrisce.)
CONTE Ho le furie nel cor!
RUIZ, ARMATI Vieni, è lieta la sorte per te.
FERRANDO, SEGUACI Cedi, or ceder viltade non è.

 

 

PARTE III
SCENA I
Uomini d’Armi, Ferrando
UOMINI D’ARMI Or co’ dadi, ma fra poco
giuocherem ben altro giuoco!
Quest’acciar, dal sangue or terso,
fia di sangue in breve asperso!
ALCUNI Il soccorso dimandato!
ALTRI Han l’aspetto del valor!
TUTTI Più l’assalto ritardato
or non fia di Castellor.
FERRANDO Sì, prodi amici; al dì novello è mente
del capitan la rocca
investir d’ogni parte.
Colà pingue bottino
certezza è rinvenir, più che speranza.
Si vinca; è nostro.
UOMINI D’ARMI Tu c’inviti a danza!
TUTTI Squilli, echeggi la tromba guerriera,
chiami all’armi, alla pugna, all’assalto.
Fia domani la nostra bandiera
di quei merli piantata sull’alto.
No, giammai non sorrise vittoria
di più liete speranze finor!
Ivi l’util ci aspetta e la gloria.
Ivi opimi la preda e l’onor.
SCENA II
Conte
CONTE In braccio al mio rival! Questo pensiero
come persecutor demone ovunque
m’insegue! In braccio al mio rival! Ma corro,
surta appena l’aurora,
io corro a separarvi. Oh Leonora!
SCENA III
Ferrando, Conte
CONTE Che fu?
FERRANDO Dappresso il campo
s’aggirava una zingara. Sorpresa
da’ nostri esploratori,
si volse in fuga; essi, a ragion temendo
una spia nella trista,
l’inseguir.
CONTE Fu raggiunta?
FERRANDO E presa.
CONTE Vista
l’hai tu?
FERRANDO No, della scorta
il condottier m’apprese
l’evento.
CONTE Eccola.
SCENA IV
Azucena, Conte, Ferrando, Esploratori
ESPLORATORI Innanzi, o strega, innanzi.
AZUCENA Aita! Mi lasciate… Oh! furibondi,
che mal fec’io?
CONTE S’appressi.
A me rispondi,
e trema dal mentir!
AZUCENA Chiedi!
CONTE Ove vai?
AZUCENA Nol so.
CONTE Che?
AZUCENA D’una zingara è costume
mover senza disegno
il passo vagabondo,
ed è suo tetto il ciel, sua patria il mondo.
CONTE E vieni?
AZUCENA Da Biscaglia, ove finora
le sterili montagne ebbi a ricetto!
CONTE (Da Biscaglia!)
FERRANDO (Che intesi!… Oh qual sospetto!)
AZUCENA Ivi povera vivea,
pur contenta del mio stato.
Sola speme un figlio avea.
Mi lasciò… m’oblìa, l’ingrato!
Io, deserta, vado errando
di quel figlio ricercando,
di quel figlio che al mio core
pene orribili costò!
Qual per esso provo amore
madre in terra non provò!
FERANDO (Il suo volto!)
CONTE Di’, traesti
lunga etade tra quei monti?
AZUCENA Lunga, sì.
CONTE Rammenteresti
un fanciul, prole di conti,
involato al suo castello,
son tre lustri, e tratto quivi?
AZUCENA E tu, parla… sei?
CONTE Fratello
del rapito.
AZUCENA (Ah!)
FERRANDO (Sì!)
CONTE Ne udivi
mai novella?
AZUCENA Io?… No… Concedi
che del figlio l’orme io scopra.
FERRANDO Resta, iniqua.
AZUCENA (Ohimè!)
FERRANDO Tu vedi
chi l’infame, orribil opra
commettea!
CONTE Finisci.
FERRANDO È dessa!
AZUCENA (Taci)
FERRANDO È dessa che il bambino
arse!
CONTE Ah, perfida!
CORO Ella stessa!
AZUCENA Ei mentisce…
CONTE Al tuo destino
or non fuggi.
AZUCENA Deh!
CONTE Quei nodi
più stringete.
AZUCENA Oh Dio! Oh Dio!
CORO Urla pure.
AZUCENA E tu non m’odi,
o Manrico, o figlio mio?
Non soccorri all’infelice
madre tua?
CONTE Sarebbe ver?
Di Manrico genitrice?
FERRANDO Trema!
CONTE Oh sorte! In mio poter!
AZUCENA Deh, rallentate, o barbari,
le acerbe mie ritorte.
Questo crudel supplizio
è prolungata morte!
D’iniquo genitore
empio figliuol peggiore,
trema… V’è Dio pe’ miseri,
e Dio ti punirà!
CONTE Tua prole, o turpe zingara,
colui, quel seduttore,
potrò col tuo supplizio
ferirlo in mezzo al core!
Gioia m’innonda il petto,
cui non esprime il detto!
Meco il fraterno cenere
piena vendetta avrà!
FERRANDO, CORO Infame pira sorgere,
empia, vedrai tra poco.
Né solo tuo supplizio
sarà terreno foco!
Le vampe dell’inferno
a te fian rogo eterno,
ivi penare ed ardere
l’anima tua dovrà!
SCENA V
Manrico, Leonora, Ruiz
LEONORA Quale d’armi fragor
poc’anzi intesi?
MANRICO Alto è il periglio. Vano
dissimularlo fora!
Alla novella aurora
assaliti saremo!
LEONORA Ahimè, che dici!
MANRICO Ma de’ nostri nemici
avrem vittoria. Pari
abbiam al loro ardir, brando e coraggio.
Tu va’, le belliche opre,
nell’assenza mia breve, a te commetto.
Che nulla manchi!
SCENA VI
Manrico, Leonora
LEONORA Di qual tetra luce
il nostro imen risplende!
MANRICO Il presagio funesto,
deh sperdi, o cara!
LEONORA E il posso?
MANRICO Amor, sublime amore,
in tale istante ti favelli al core.
Ah! sì, ben mio, coll’essere
io tuo, tu mia consorte,
avrò più l’alma intrepida,
il braccio avrò più forte.
Ma pur se nella pagina
de’ miei destini è scritto
ch’io resti fra le vittime
dal ferro ostil trafitto,
fra quegli estremi aneliti
a te il pensier verrà,
e solo in ciel precederti
la morte a me parrà
LEONORA, MANRICO L’onda de’ suoni mistici
pura discende al cor!
Vieni, ci schiude il tempio
gioie di casto amor.
RUIZ Manrico?
MANRICO Che?
RUIZ La zingara,
vieni, tra ceppi mira.
MANRICO Oh Dio!
RUIZ Per man de’ barbari
accesa è già la pira.
MANRICO Oh ciel! mie membra oscillano.
Nube mi copre il ciglio!
LEONORA Tu fremi!
MANRICO E il deggio! Sappilo.
Io son…
LEONORA Chi mai?
MANRICO Suo figlio!
Ah! vili! Il rio spettacolo
quasi il respir m’invola.
Raduna i nostri… Affrettati,
Ruiz, va’… torna… Vola!
Di quella pira l’orrendo foco
tutte le fibre m’arse, avvampò!
Empi, spegnetela, o ch’io fra poco
col sangue vostro la spegnerò!
Era già figlio prima d’amarti,
non può frenarmi il tuo martir!
Madre infelice, corro a salvarti,
o teco almeno corro a morir!
LEONORA Non reggo a colpi tanto funesti!
Oh, quanto meglio sarìa morir!
RUIZ, ARMATI All’armi, all’armi! Eccone presti
a pugnar teco, teco a morir.

 

PARTE IV
SCENA I
Ruiz, Leonora, Coro
RUIZ Siam giunti, ecco la torre ove di stato
gemono i prigionieri. Ah, l’infelice
ivi fu tratto!
LEONORA Vanne.
Lasciami, né timor di me ti prenda.
Salvarlo io potrò forse.
Timor di me? Sicura,
presta è la mia difesa. In quest’oscura
notte ravvolta, presso a te son io,
e tu nol sai! Gemente
aura che intorno spiri,
deh, pietosa gli arreca i miei sospiri.
D’amor sull’ali rosee
vanne, sospir dolente.
Del prigioniero misero
conforta l’egra mente.
Com’aura di speranza
aleggia in quella stanza.
Lo desta alle memorie,
ai sogni dell’amor!
Ma, deh, non dirgli, improvvido,
le pene del mio cor!
VOCI INTERNE Miserere d’un’alma già vicina
alla partenza che non ha ritorno.
Miserere di lei, bontà divina,
preda non sia dell’infernal soggiorno.
LEONORA Quel suon, quelle preci solenni, funeste,
riempiron quest’aere di cupo terrore!
Contende l’ambascia, che tutta m’investe,
al labbro il respiro, i palpiti al core!
Sull’orrida torre, ah, par che la morte
con ali di tenebre librando si va!
Ahi! forse dischiuse gli fian queste porte
sol quando cadaver già freddo sarà!
MANRICO (Ah, che la morte ognora
è tarda nel venir
a chi desia morir!
Addio, Leonora!)
LEONORA Oh ciel!… sento mancarmi!
VOCI INTERNE Miserere d’un’alma…
MANRICO Sconto col sangue mio
l’amor che posi in te!
Non ti scordar di me!
Leonora, addio!
LEONORA Di te, di te scordarmi!
Tu vedrai che amore in terra
mai del mio non fu più forte.
Vinse il fato in aspra guerra,
vincerà la stessa morte.
O col prezzo di mia vita
la tua vita io salverò,
o con te per sempre unita
nella tomba io scenderò.
SCENA II
Conte, Leonora
CONTE Udite? Come albeggi,
la scure al figlio ed alla madre il rogo.
Abuso io forse del poter che pieno
in me trasmise il prence? A tal mi traggi,
donna per me funesta! Ov’ella è mai?
Ripreso Castellor, di lei contezza
non ebbi, e furo indarne
tante ricerche e tante!
Oh!… dove sei, crudele?
LEONORA A te dinante.
CONTE Qual voce!… Come!… Tu, donna?
LEONORA Il vedi.
CONTE A che venisti?
LEONORA Egli è già presso
all’ora estrema, e tu lo chiedi?
CONTE Osar potresti?
LEONORA Ah sì, per esso
pietà domando.
CONTE Che? Tu deliri!
Io del rival sentir pietà?
LEONORA Clemente il nume a te l’ispiri.
CONTE È sol vendetta mio nume. Va!
LEONORA Mira, di acerbe lagrime
spargo al tuo piede un rio.
Non basta il pianto? Svenami,
ti bevi il sangue mio,
Calpesta il mio cadavere,
ma salva il Trovator!
CONTE Ah, dell’indegno rendere
vorrei peggior la sorte.
Fra mille atroci spasimi
centuplicar sua morte.
Più l’ami, e più terribile
divampa il mio furor!
LEONORA Conte!
CONTE Né cessi?
LEONORA Grazia!
CONTE Prezzo non avvi alcuno
ad ottenerla. Scostati!
LEONORA Uno ve n’ha… sol uno!
Ed io te l’offro.
CONTE Spiegati,
qual prezzo? Di’.
LEONORA Me stessa!
CONTE Ciel! Tu dicesti?
LEONORA E compiere
saprò la mia promessa.
CONTE È sogno il mio?
LEONORA Dischiudimi
la via fra quelle mura.
Ch’ei m’oda… che la vittima
fugga, e son tua.
CONTE Lo giura.
LEONORA Lo giuro a Dio che l’anima
tutta mi vede!
CONTE Olà!
LEONORA (M’avrai, ma fredda esanime
spoglia)
CONTE Colui vivrà.
LEONORA (Vivrà! Contende il giubilo
i detti a me, Signore.
Ma coi frequenti palpiti
mercé ti rende il core!
Ora il mio fine, impavida,
piena di gioia attendo.
Dirgli potrò morendo:
salvo tu sei per me!)
CONTE Fra te che parli? Ah, volgimi,
volgimi il detto ancora,
o mi parrà delirio
quanto ascoltai finora.
Tu mia!… tu mia!… Ripetilo.
Il dubbio cor serena.
Ah, ch’io lo credo appena
udendolo da te!
LEONORA Andiam.
CONTE Giurasti… pensaci!
LEONORA È sacra la mia fé!
SCENA III
Manrico, Azucena
MANRICO Madre, non dormi?
AZUCENA L’invocai più volte,
ma fugge il sonno a queste luci… Prego.
MANRICO L’aura fredda è molesta
alle tue membra forse?
AZUCENA No, da questa
tomba di vivi sol fuggir vorrei,
perché sento il respiro soffocarmi!
MANRICO Fuggir!
AZUCENA Non attristarti.
Far di me strazio non potranno i crudi!
MANRICO Ah, come?
AZUCENA Vedi? Le sue fosche impronte
m’ha già stampato in fronte
il dito della morte!
MANRICO Ah!
AZUCENA Troveranno
un cadavere muto, gelido… Anzi,
uno scheletro!
MANRICO Cessa!
AZUCENA Non odi? Gente appressa…
I carnefici son… vogliono al rogo
trarmi! Difendi la tua madre!
MANRICO Alcuno,
ti rassicura, qui non volge.
AZUCENA Il rogo!
Parola orrenda!
MANRICO Oh madre, oh madre!
AZUCENA Un giorno
turba feroce l’ava tua condusse
al rogo… Mira la terribil vampa!
Ella n’è tocca già! Già l’arso crine
al ciel manda faville!
Osserva le pupille
fuor dell’orbita lor! Ahi, chi mi toglie
a spettacol sì atroce?
MANRICO Se m’ami ancor, se voce
di figlio ha possa d’una madre in core,
ai terrori dell’alma
oblìo cerca nel sonno, e posa e calma.
AZUCENA Sì, la stanchezza m’opprime, o figlio.
Alla quïete io chiudo il ciglio.
Ma se del rogo arder si veda
l’orrida fiamma, destami allor!
MANRICO Riposa, o madre. Iddio conceda
men tristi immagini al tuo sopor.
AZUCENA Ai nostri monti… ritorneremo…
L’antica pace… ivi godremo…
Tu canterai… sul tuo lïuto…
In sonno placido… io dormirò!
MANRICO Riposa, o madre. Io prono e muto
la mente al cielo rivolgerò.
SCENA ULTIMA
Manrico, Leonora, Conte, Azucena
MANRICO Ciel, non m’inganno! Quel fioco lume?
LEONORA Son io, Manrico.
MANRICO Oh, mia Leonora!
Ah, mi concedi, pietoso nume,
gioia sì grande, anzi ch’io mora?
LEONORA Tu non morrai. Vengo a salvarti.
MANRICO Come a salvarmi? Fia vero!
LEONORA Addio.
Tronca ogni indugio… t’affretta… parti.
MANRICO E tu non vieni?
LEONORA Restar degg’io!
MANRICO Restar!
LEONORA Deh, fuggi!
MANRICO No.
LEONORA Guai se tardi!
MANRICO No.
LEONORA La tua vita!
MANRICO Io la disprezzo.
Pur… figgi, o donna, in me gli sguardi!
Da chi l’avesti? Ed a qual prezzo?
Parlar non vuoi? Balen tremendo!
Dal mio rivale! Intendo, intendo!
Ha quest’infame l’amor venduto.
Venduto un core che mi giurò!
LEONORA Ahi, come l’ira ti rende cieco!
Ahi, quanto ingiusto, crudel sei meco!
T’arrendi… fuggi, o sei perduto!
O il ciel nemmen salvar ti può!
AZUCENA Ai nostri monti ritorneremo…
L’antica pace ivi godremo…
Tu canterai sul tuo lïuto…
In sonno placido… io dormirò.
MANRICO Ti scosta.
LEONORA Non respingermi.
Vedi? Languente, oppressa,
io manco…
MANRICO Va’, ti abbomino,
ti maledico!
LEONORA Ah, cessa!
Non d’imprecar, di volgere
per me la prece a Dio
è questa l’ora!
MANRICO Un brivido
corse nel petto mio!
LEONORA Manrico!
MANRICO Donna, svelami,
narra…
LEONORA Ho la morte in seno.
MANRICO La morte!
LEONORA Ah, fu più rapida
la forza del veleno
ch’io non pensava!
MANRICO Oh, fulmine!
LEONORA Senti! La mano è gelo…
Ma qui… qui foco orribile
arde.
MANRICO Che festi? Oh cielo!
LEONORA Prima che d’altri vivere…
io volli tua morir!
MANRICO Insano! Ed io quest’angelo
osava maledir!
LEONORA Più non… resisto!
MANRICO Ahi misera!
LEONORA Ecco l’istante… io moro…
Manrico! Or la tua grazia,
Padre del cielo, imploro.
Prima che d’altri vivere
io volli tua morir!
CONTE (Ah, volle me deludere,
e per costui morir!)
Sia tratto al ceppo!
MANRICO Madre… oh madre, addio!
AZUCENA Manrico! Ov’è mio figlio?
CONTE A morte corre!
AZUCENA Ah ferma! M’odi!
CONTE Vedi?
AZUCENA Cielo!
CONTE È spento!
AZUCENA Egli era tuo fratello!
CONTE Ei, quale orror!
AZUCENA Sei vendicata, o madre!
CONTE E vivo ancor!