Guilelmo (Così fan tutte)

GUILELMO

Character from COSÌ FAN TUTTE

Music: Wolfgang Amadeus Mozart
Libretto: Lorenzo Da Ponte

 

 

 

SCENA 1 Terzetto
La mia Fiordiligi
tradirmi non sa,
uguale in lei credo
costanza e beltà.
No, detto ci avete
che infide esser ponno,
provar cel dovete,
se avete onestà.
No no, le vogliamo:
o fuori la spada,
rompiam l’amistà.
Sul vivo mi tocca
chi lascia di bocca
sortire un accento
che torto le fa.
Recitativo
Fuor la spada: scegliete
qual di noi più vi piace.
Son donne,
ma… son tali, son tali…
Terzetto
La Fenice è Fiordiligi.
Recitativo
Scempiaggini di vecchi!
Nobil educazion…
Analogia d’umor…
Immutabil carattere…
Proteste…
Non si può dar.
E mille, se volete.
Da soldati d’onore.
Tuttissimo.
Bravissimo,
signor Don Alfonsetto!
E de’ cento zecchini che faremo?
Terzetto
In onor di Citerea
un convito io voglio far.
Ci sarete, sì signor.
E che brindis replicati
far vogliamo al dio d’amor!
SCENA 4 Quintetto
Sento, oddio, che questo piede
è restio nel girle avanti.
Idol mio, la sorte incolpa
se ti deggio abbandonar.
(Te n’avvedi?)
Il destin così defrauda
le speranze de’ mortali,
ah chi mai fra tanti mali,
chi mai può la vita amar.
Recitativo
Non piangere, idol mio.
Non farmi, anima mia,
quest’infausti presagi.
Proteggeran gli dei
la pace del tuo cor ne’ giorni miei.
Duettino
Al fato dan legge
quegli occhi vezzosi.
Amor li protegge,
né i loro riposi
le barbare stelle
ardiscon turbar.
Il ciglio sereno,
mio bene, a me gira.
Felice al tuo seno
io spero tornar.
SCENA 5 Mia vita…
Abbracciami, idol mio.
Non… dubitar… mio bene…
Addio!
Mi si divide il cor, bell’idol mio.
SCENA 11 Per la man che lieto io bacio,
per quei rai di grazie pieni,
fa’ che volga a me sereni
i begli occhi il mio tesor.
(Or la cosa è appien decisa:
se costei non ci ravvisa,
non c’è più nessun timor.)
Ah Madame, perdonate:
al bel piè languir mirate
due meschin, di vostro merito
spasimanti adorator.
Deh calmate quello sdegno!
Qual diletto, è a questo petto
Amico caro!
Ai vostri piedi
due rei, due delinquenti, ecco, Madame!
Amor…
Vista appena la luce
di vostre fulgidissime pupille…
Farfallette amorose, e agonizzanti…
Ed ai lati, ed a retro…
Per implorar pietade in flebil metro!
Ah barbare, restate!
Che vi pare?
Le nostre pene
e sentirne pietà!
La celeste beltà degli occhi vostri
la piaga aprì nei nostri,
cui rimediar può solo
il balsamo d’amore.
Un solo istante il core aprite, o belle,
a sue dolci facelle, o a voi davanti
spirar vedrete i più fedeli amanti.
Aria
Non siate ritrosi
occhietti vezzosi;
due lampi amorosi
vibrate un po’ qua.
Voi siete forieri
di dolci pensieri
chi guardavi un poco
di foco si fa.
Non è colpa nostra
se voi ci abbruciate;
morir non ci fate
in sì buona età.
Felici rendeteci,
amate con noi,
e noi felicissime
faremo anche voi.
Guardate, toccate,
il tutto osservate;
siam due cari matti,
siam forti e ben fatti;
e come ognun vede,
sia merto o caso,
abbiamo bel piede,
bell’occhio, bel naso.
E questi mustacchi
chiamare si possono
trionfi degli uomini,
pennacchi d’amor.
SCENA 12 Terzetto
Certo, ridiamo.
Già lo sappiamo.
Parlate invano.
Ah che dal ridere
l’alma dividere,
ah che le viscere
sento scoppiar.
Recitativo
Oh cospettaccio,
non vi pare che abbiam giusta ragione,
Il mio caro padrone?
Pagate la metà.
E avete ancora
coraggio di fiatar?
Siamo soldati, e amiam la disciplina.
Ed oggi non si mangia?
SCENA 15 Si mora, sì, si mora
onde appagar le ingrate.
Lasciatemi.
L’arsenico mi liberi
di tanta crudeltà.
Barbare, avvicinatevi;
d’un disperato affetto
mirate il triste effetto
e abbiate almen pietà.
Ah che del sole il raggio
fosco per me diventa.
Tremo: le fibre e l’anima
par che mancar si senta,
né può la lingua o il labbro
accenti articolar.
Più bella commediola
Non si potea trovar.
Più domestiche e trattabili
sono entrambe diventate:
sta’ a veder che lor pietade
va in amore a terminar.
SCENA 16 (Despina in maschera:
che trista pelle!)
Dove son! Che loco è questo!
Chi è colui! Color chi sono!
Son di Giove innanzi al trono?
Sei tu Palla o Citerea?
No, tu sei l’alma mia Dea;
ti ravviso al dolce viso
e alla man ch’or ben conosco
e che sola è il mio tesor.
(Dalla voglia ch’ho di ridere
il polmon mi scoppia or or.)
Per pietà, bell’idol mio,
volgi a me le luci liete.
Dammi un bacio, o mio tesoro,
un sol bacio, o qui mi moro.
Un quadretto più giocondo
non s’è visto in questo mondo
ma non so se finta o vera
sia quell’ira, e quel furor.
Né vorrei che tanto foco
terminasse in quel d’amor.

 

SCENA 4 Duetto
Secondate, aurette amiche,
secondate i miei desiri,
e portate i miei sospiri
alla Dea di questo cor.
Voi che udiste mille volte
il tenor delle mie pene,
ripetete al caro bene
tutto quel che udiste allor.
Recitativo
Amor lega le membra a vero amante.
Anzi, madame…
No no, parla pur tu.
Quartetto
(..tace…)
…in pace…)
Non può quel che vuole,
vorrà quel che può.
SCENA 5 Recitativo
Certo, certo, son belli:
han più foglie che frutti.
Come vi piace.
Ahimè!
Io mi sento sì male,
sì male, anima mia,
che mi par di morire.
Ah che un veleno assai più forte io bevo
in que’ crudi e focosi
Mongibelli amorosi!
Ingrata, voi burlate,
ed intanto io mi moro! (Son spariti:
dove diamin son iti?)
Io mi moro, crudele, e voi burlate?
Dunque
datemi qualche segno, anima bella,
della vostra pietà.
(Scherza o dice da vero?)
Questa picciola offerta
d’accettare degnatevi.
Un core: è simbolo di quello
ch’arde, languisce e spasima per voi.
L’accettate?
(La montagna vacilla.
Mi spiace, ma impegnato
è l’onor di soldato.)
V’adoro!
Son tutto vostro!
Cedete, o cara…
Morremo insieme,
amorosa mia speme.
L’accettate?
(Infelice Ferrando!) Oh che diletto!
Duetto
Il core vi dono,
bell’idolo mio,
ma il vostro vo’ anch’io,
via, datelo a me.
Se teco non l’hai,
perché batte qui?
È il mio coricino
che più non è meco:
ei venne a star teco,
ei batte così.
Qui lascia che il metta.
T’intendo, furbetta.
Non guardar.
(Ferrando meschino!
Possibil non par.)
L’occhietto a me gira.
Rimira
se meglio può andar.
Oh cambio felice
di cori e d’affetti!
Che nuovi diletti,
che dolce penar!
SCENA 8 Recitativo
Un ambo o un terno?
Niente meno?
T’ascolto: di’ pur, su.
Avanti.
Bravo assai, per mia fé!
Ed ella?
E poi?
Oh cospettaccio!
Bravo tu, bravo io,
brava la mia Penelope!
Lascia un po’ ch’io ti abbracci
per sì felice augurio,
o mio fido Mercurio.
Eppur un dubbio,
parlandoti a quattr’occhi,
non saria mal se tu l’avessi!
Dico così per dir! (Avrei piacere
d’indorargli la pillola.)
È sempre bene
il sospettare un poco in questo mondo.
Certo! Anzi, in prova
di suo amor, di sua fede
questo bel ritrattino ella mi diede.
Ove vai?
Fermati.
Sei tu pazzo?
Vuoi tu precipitarti
per una donna che non val due soldi?
(Non vorrei che facesse
qualche corbelleria!)
Per Bacco, io non lo so!
Amico, non saprei
qual consiglio a te dar.
Certo un caso quest’è da far stupore!
Aria
Donne mie, la fate a tanti
che se il ver vi deggio dir,
se si lagnano gli amanti
li comincio a compatir.
Io vo’ bene al sesso vostro,
lo sapete, ognun lo sa,
ogni giorno ve lo mostro,
vi do marche d’amistà;
ma quel farla a tanti e tanti,
m’avvilisce in verità.
Mille volte il brando presi
per salvar il vostro onor,
mille volte vi difesi
colla bocca, e più col cor;
ma quel farla a tanti e tanti,
è un vizietto seccator.
Siete vaghe, siete amabili,
più tesori il ciel vi diè,
e le grazie vi circondano
dalla testa fino ai piè;
ma la fate a tanti, e tanti
che credibile non è;
ma la fate a tanti, e tanti
che se gridano gli amanti
hanno certo il lor perché.
SCENA 9 Caro amico, bisogna
far delle differenze in ogni cosa.
Ti pare che una sposa
mancar possa a un Guilelmo? Un picciol calcolo,
non parlo per lodarmi,
se facciamo tra noi… tu vedi, amico,
che un poco di più merto…
Intanto mi darete
cinquanta zecchinetti.
SCENA 11 Bravissima,
La mia casta Artemisia; la sentite?
SCENA 13 Recitativo
Oh poveretto me! Cosa ho veduto!
Cosa ho sentito mai!
Mi pelerei la barba!
Mi graffierei la pelle!
E darei colle corna entro le stelle!
Fu quella Fiordiligi! La Penelope,
l’Artemisia del secolo! Briccona!
Assassina… furfante… ladra… cagna…
Dov’è?
La mia Fior… fior di diavolo che strozzi
lei prima, e dopo me.
Ah cessa,
cessa di tormentarmi,
ed una via piuttosto
studiam di castigarle
sonoramente.
Vorrei sposar piuttosto
la barca di Caronte.
La porta dell’inferno.
Ah purtroppo!
Così fan tutte!
SCENA 16 Come par che qui prometta
tutto gioia e tutto amore!
Della cara Despinetta
certo il merito sarà.
Raddoppiate il lieto suono,
replicate il dolce canto,
e noi qui seggiamo intanto,
in maggior giovialità.
Tutto tutto, o vita mia,
al mio foco or ben risponde!
Sei pur bella!
Che bei rai!
Tocca e bevi.
(Ah bevessero del tossico
queste volpi senza onor!)
E non resti più memoria
del passato ai nostri cor.
SCENA 17 Bravo, bravo! Passi subito.
Bravo, bravo, in verità!
Cose note, cose note,
vi crediamo, ci fidiamo,
soscriviam, date pur qua.
Che romor! Che canto è questo?
Cosa mai sento!
Barbare stelle!
In tal momento
che si farà?
Ma se ci veggono?
Ma se ci incontrano?
SCENA ULTIMA Sani e salvi agli amplessi amorosi
delle nostre fidissime amanti
ritorniamo di gioia esultanti
per dar premio alla lor fedeltà.
Richiamati da regio contrordine,
pieni il cor di contento e di gaudio,
ritorniamo alle spose adorabili,
ritorniamo alla vostra amistà.
Ma cos’è quel pallor, quel silenzio?
Permettete che sia posto
quel baul in quella stanza.
Dei, che veggio! Un uom nascosto?
Un notaio? Qui che fa?
Una furba uguale a questa
dove mai si troverà!
Un contratto nuziale?
Giusto Ciel! Voi qui scriveste:
contraddirci omai non vale;
tradimento, tradimento!
Ah si faccia il scoprimento,
e a torrenti, a fiumi, a mari
indi il sangue scorrerà.
Cosa fu?
Il ritrattino
pel coricino
ecco io le rendo,
signora mia.
Ed al magnetico
signor dottore
rendo l’onore
che meritò
Son stupefatte!
Son mezze matte.
Te lo credo, gioia bella,
ma la prova io far non vo’.
Fortunato l’uom che prende
ogni cosa pel buon verso,
e tra i casi e le vicende
da ragion guidar si fa.
Quel che suole altrui far piangere
fia per lui cagion di riso,
e del mondo in mezzo i turbini
bella calma troverà.