DON GIOVANNI (character) – Mozart

DON GIOVANNI (character)

Don Giovanni
Libretto by Lorenzo da Ponte for Wolfgang Amadeus Mozart

 

 

 

Album price: 9,00

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SCENA 1
Donna folle! indarno gridi.
Chi son io tu non saprai.
Taci e trema al mio furore.
Sconsigliata!
Come furia disperata
mi vuol far precipitar.
Va’, non mi degno
di pugnar teco.
Misero, attendi,
se vuoi morir.
Ah già cade il sciagurato!
Affannosa e agonizzante
già dal seno palpitante
veggo l’anima partir.
SCENA 2
Leporello, ove sei?
Son qui.
Che domanda da bestia! Il vecchio.
L’ha voluto, suo danno.
Taci;
non mi seccar, vien meco, se non vuoi
qualche cosa ancor tu.
SCENA 4
Recitativo
Orsù, spicciati, presto… cosa vuoi?
Lo credo.
Meglio ancora: finiscila.
Lo giuro sul mio onore,
purché non parli del Commendatore.
Lo vedo.
Via.
Sì.
Temerario! In tal guisa…
Non so di giuramenti… taci… o ch’io…
Così saremo amici; or odi un poco,
sai tu perché son qui?
Va là, che se’ il grand’uom: sappi ch’io sono
innamorato d’una bella dama,
e son certo che m’ama.
La vidi… le parlai… meco al casino
questa notte verrà… zitto: mi pare
sentire odor di femmina…
All’aria mi par bella.
Ritiriamoci un poco,
e scopriamo terren.
SCENA 5
Udisti, qualche bella
dal vago abbandonata? Poverina!
Cerchiam di consolare il suo tormento.
Signorina!
Stelle! Che vedo!
Via, cara Donna Elvira,
calmate questa collera… sentite…
Lasciatemi parlar…
Oh in quanto a questo
ebbi le mie ragioni:
è vero?
Eh via,
siate più ragionevole… (Mi pone
a cimento costei.) Se non credete
al labbro mio, credete
a questo galantuomo.
Via, dille un poco…
Sì sì, dille pur tutto.
SCENA 8
Manco male è partita… Oh guarda guarda
che bella gioventù! Che belle donne!
Cari amici, buon giorno, seguitate
a stare allegramente,
seguitate a suonar, o buona gente.
C’è qualche sposalizio?
Me ne consolo.
Lo sposo?
Oh bravo! Per servirmi: questo è vero
parlar da galantuomo!
Oh anch’io, vedete!
Voglio che siamo amici: il vostro nome?
E il tuo?
O caro il mio Masetto!
Cara la mia Zerlina! V’esibisco
la mia protezione… Leporello…
Cosa fai lì, birbone?
Presto, va con costor: nel mio palazzo
conducili sul fatto; ordina ch’abbiano
cioccolatte, caffè, vini, presciutti;
cerca divertir tutti,
mostra loro il giardino,
la galleria, le camere; in effetto
fa’ che resti contento il mio Masetto.
Hai capito?
Cosa c’è?
Oh la Zerlina
è in man d’un cavalier: va’ pur, fra poco
ella meco verrà.
Olà, finiam le dispute, se subito
senz’altro replicar non te ne vai,
Masetto, guarda ben, ti pentirai.
SCENA 9
Recitativo
Alfin siam liberati,
Zerlinetta gentil, da quel scioccone.
Che ne dite, mio ben, so far pulito?
Chi? colui?
Vi par che un onest’uomo,
un nobil cavalier, qual io mi vanto,
possa soffrir che quel visetto d’oro,
quel viso inzuccherato,
da un bifolcaccio vil sia strapazzato?
Tal parola
non vale un zero; voi non siete fatta
per essere paesana: un’altra sorte
vi procuran quegli occhi bricconcelli,
quei labbretti sì belli,
quelle dituccia candide e odorose;
parmi toccar giuncata e fiutar rose.
Che non vorresti?
Eh un’impostura
della gente plebea! La nobiltà
ha dipinta negl’occhi l’onestà.
Orsù, non perdiam tempo: in questo istante
io ti voglio sposar.
Certo: io.
Quel casinetto è mio: soli saremo,
e là, gioiello mio, ci sposeremo.
Duetto
Là ci darem la mano,
là mi dirai di sì;
vedi non è lontano,
partiam ben mio da qui.
Vieni, mio bel diletto.
Io cangerò tua sorte.
Andiam, andiam, mio bene,
a ristorar le pene
d’un innocente amor.
SCENA 10
Recitativo
(Amor, consiglio!)
Idol mio, non vedete
ch’io voglio divertirmi…
La povera infelice
è di me innamorata, e per pietà
deggio fingere amore,
ch’io son per mia disgrazia uom di buon core.
SCENA 11
Mi par ch’oggi il demonio si diverta
d’opporsi a’ miei piacevoli progressi.
Vanno mal tutti quanti.
(Mancava questo inver!)
(Sta’ a vedere
che il diavolo gli ha detto qualche cosa.)
Che domanda! Perché?
(Mi torna il fiato in corpo.) Comandate:
i congiunti, i parenti,
questa man, questo ferro, i beni, il sangue
spenderò per servirvi.
Ma voi, bella Donn’Anna,
perché così piangete?
Il crudele chi fu che osò la calma
turbar del viver vostro?
SCENA 15
Recitativo
Oh Leporello mio, va tutto bene!
Come, va tutto male?
Bravo!
Bravo, in coscienza mia.
Zerlina!
Donna Elvira.
Tutto quel mal che in bocca le venia.
E tu cosa facesti?
Ed ella?
E tu?
Aria
Fin ch’han dal vino
calda la testa,
una gran festa
fa’ preparar.
Se trovi in piazza
qualche ragazza,
teco ancor quella
cerca menar.
Senza alcun ordine
la danza sia.
Chi ‘l minuetto,
chi la follia,
chi l’alemanna
farai ballar.
Ed io fra tanto
dall’altro canto
con questa e quella
vo amoreggiar.
Ah la mia lista
doman mattina
d’una decina
devi aumentar.
SCENA 17
Su, svegliatevi, da bravi,
su, coraggio, o buona gente!
Vogliam stare allegramente,
vogliam rider, e scherzar.
Alla stanza della danza
conducete tutti quanti
ed a tutti in abbondanza
gran rinfreschi fate dar.
SCENA 18
Zerlinetta mia garbata,
t’ho già visto, non scappar.
No no, resta, gioia mia.
Sì, ben mio, son tutto amore.
Vieni un poco in questo loco,
fortunata io ti vo far.
Masetto!
E chiuso là perché?
La bella tua Zerlina
non può, la poverina,
più star senza di te.
Adesso fate core.
O suonatori udite,
venite omai con me.
SCENA 19
Falle passar avanti,
di’ che ci fanno onor.
SCENA 20
Riposate, vezzose ragazze.
Tornerete a far presto le pazze,
tornerete a scherzar e ballar.
Ehi, caffè!
Sorbetti!
Sei pur vaga, brillante Zerlina!
Quel Masetto mi par stralunato,
qui bisogna cervello adoprar.
È aperto a tutti quanti,
viva la libertà!
Ricominciate il suono.
Tu accoppia i ballerini.
Il tuo compagno io sono.
Zerlina, vien pur qua.
Va bene in verità!
Vieni con me, mia vita…
Ecco il birbo che t’ha offesa,
ma da me la pena avrà!
Mori, iniquo!
Mori, dico!
Donna Elvira!
Don Ottavio!
Ah credete!
È confusa la mia testa,
non so più quel ch’io mi faccia,
e un’orribile tempesta
minacciando, oddio, mi va.
Ma non manca me coraggio
non mi perdo o mi confondo
se cadesse ancor il mondo,
nulla mai temer mi fa.

 

SCENA 1
Duetto
Eh via, buffone,
non mi seccar.
Sentimi, amico…
Ma che ti ho fatto,
che vuoi lasciarmi?
Va’ che sei matto;
fu per burlar.
Recitativo
Leporello.
Vien qui, facciamo pace: prendi.
Quattro doppie.
Non parliam più di ciò! ti basta l’animo
di far quel ch’io ti dico?
Lasciar le donne! pazzo,
lasciar le donne? Sai ch’elle per me
son necessarie più del pan che mangio,
più dell’aria che spiro!
È tutto amore.
Chi a una sola è fedele
verso l’altre è crudele; io, che in me sento
sì esteso sentimento,
vo’ bene a tutte quante.
Le donne poi, che calcolar non sanno,
il mio buon natural, chiamano inganno.
Odi, vedesti tu la cameriera
di Donna Elvira?
Non hai veduto
qualche cosa di bello,
caro il mio Leporello. Ora io con lei
vo’ tentar la mia sorte; ed ho pensato,
già che siam verso sera,
per aguzzarle meglio l’appetito
di presentarmi a lei col tuo vestito.
Han poco credito
con gente di tal rango
gli abiti signorili.
Sbrigati… via.
Finiscila, non soffro opposizioni.
SCENA 2
Terzetto
Cogliere io vo’ il momento,
tu fermati un po’ là.
Elvira, idolo mio…
Sì, vita mia, son io,
e chieggo carità.
Discendi, o gioia bella:
vedrai che tu sei quella,
che adora l’alma mia,
pentito io sono già.
Ah credimi, o m’uccido!
Idolo mio, vien qua.
(Spero che cada presto!
Che bel colpetto è questo!
Più fertile talento
del mio, no, non si dà.)
Recitativo
Amico, che ti par?
Va’ là che sei il gran gonzo! Ascolta bene:
quando costei qui viene,
tu corri ad abbracciarla,
falle quattro carezze,
fingi la voce mia; poi con bell’arte
cerca teco condurla in altra parte.
Non più repliche.
Non ti conoscerà se tu non vuoi.
Zitto, ell’apre. Ehi giudizio!
SCENA 3
Recitativo
(Veggiamo che farà.)
(Il birbo si riscalda.)
Ih eh ih eh ah ih, sei morto!
Ih eh ih eh ah ih! Par che la sorte
mi secondi. Veggiamo…
Le finestre son queste: ora cantiamo.
Canzonetta
Deh vieni alla finestra, o mio tesoro,
deh vieni a consolar il pianto mio:
se neghi a me di dar qualche ristoro,
davanti agli occhi tuoi morir vogl’io.
Tu ch’hai la bocca dolce più del miele,
tu che il zucchero porti in mezzo al core,
non esser, gioia mia, con me crudele:
Recitativo
V’è gente alla finestra, forse è dessa.
Zi zi…
lasciati almen veder, mio bell’amore.
SCENA 4
Recitativo
(Qualcuno parla.)
(Se non fallo è Masetto.)
(Non è solo.
Ci vuol giudizio.) Amici…
(Non mi voglio scoprir.) Sei tu Masetto?
Non mi conosci? Il servo
son io di Don Giovanni.
Certo, di quel briccone…
(Bagatelle!) Bravissimo, Masetto!
Anch’io con voi m’unisco
per fargliela a quel birbo di padrone.
Ma udite un po’ qual è la mia intenzione.
Aria
Metà di voi qua vadano,
e gli altri vadan là,
e pian pianin lo cerchino,
lontan non fia di qua.
Se un uom, e una ragazza,
passeggian per la piazza,
se sotto a una finestra
fare all’amor sentite;
ferite pur, ferite:
il mio padron sarà.
In testa egli ha un cappello
con candidi pennacchi,
addosso un gran mantello,
e spada al fianco egli ha.
Andate, fate presto…
Tu solo vien con me:
bisogna far il resto,
ed or vedrai cos’è.
SCENA 5
Zitto, lascia ch’io senta… ottimamente.
Dunque dobbiam ucciderlo?
E non ti basteria rompergli l’ossa…
Fracassargli le spalle…
Hai buone arme?
E poi?
Eh basta certo! Or prendi,
questa per la pistola…
Questa per il moschetto…
Ahi, ahi!
Taci, o t’uccido.
Questa per ammazzarlo,
questa per farlo in brani,
villano, mascalzon, ceffo da cani.
SCENA 11
Recitativo
Ah ah ah, questa è buona!
Or lasciala cercar. Che bella notte!
È più chiara del giorno; sembra fatta
per gir a zonzo a caccia di ragazze.
È tardi? Oh ancor non sono
due della notte; avrei
voglia un po’ di saper come è finito
l’affar tra Leporello e Donna Elvira:
s’egli ha avuto giudizio…
È desso. Oh Leporello!
Non conosci il padron?
Come, birbo?
Cosa è stato?
Ebben, non era questo
un onore per te?
Via via, vien qua, che belle cose
ti deggio dir.
Vien dentro e lo saprai.
Diverse istorielle
che accadute mi son da che partisti
ti dirò un’altra volta: or la più bella
ti vo’ solo narrar.
C’è dubbio? una fanciulla
bella, giovin, galante
per la strada incontrai, le vado appresso,
la prendo per la man, fuggir mi vuole,
dico poche parole, ella mi piglia,
sai per chi?
Per Leporello.
Per te.
Per la mano
essa allora mi prende.
M’accarezza, mi abbraccia…
Caro il mio Leporello…
Leporello mio caro… Allor m’accorsi
ch’era qualche tua bella.
Dell’inganno approfitto. Non so come
mi riconosce: grida; sento gente,
a fuggire mi metto, e pronto pronto
per quel muretto in questo loco io monto.
Perché no?
Meglio ancora!
Chi ha parlato?
Taci, sciocco!
Chi va là! Chi va là!
Sarà qualcun di fuori
che si burla di noi…
Ehi, del Commendatore
non è questa la statua? Leggi un poco
quella iscrizion.
Leggi, dico.
Oh vecchio buffonissimo!
Digli che questa sera
l’attendo a cena meco.
Orsù, va’ là,
o qui t’ammazzo e poi ti seppellisco.
Duetto
Finiscila, o nel petto
ti metto questo acciar.
Che gusto, che spassetto
lo voglio far tremar.
Mori…
Va’ là, che se’ un buffone…
E che deggio guardar?
Colla marmorea testa
ei fa così, così.
Parlate, se potete;
verrete a cena?
Bizzarra è inver la scena;
verrà il buon vecchio a cena.
A prepararla andiamo…
partiamo via di qui.
SCENA 13
Già la mensa è preparata,
voi suonate, amici cari,
già che spendo i miei danari,
io mi voglio divertir.
Leporello, presto, in tavola!
Che ti par del bel concerto?
Ah che piatto saporito!
Nel veder i miei bocconi
gli par proprio di svenir.
Piatto!
Versa il vino.
Eccellente marzimino!
(Sta mangiando, quel marrano;
fingerò di non capir.)
Leporello.
Parla schietto, mascalzone!
Mentre io mangio, fischia un poco.
Cos’è?
Sì eccellente è il cuoco mio,
che lo volle anch’ei provar.
SCENA 14
Cos’è? Cos’è?
Mi maraviglio!
Cosa volete?
Se non sorgete,
non resto in piè!
Io te deridere?
Cielo! perché?
Che vuoi, mio bene?
Brava!
Lascia ch’io mangi;
e se ti piace,
mangia con me.
Vivan le femmine,
viva il buon vino,
sostegno e gloria
d’umanità!
Va’ a veder che cosa è stato.
Che grido indiavolato!
Leporello, che cos’è?
Non capisco niente affatto:
tu sei matto in verità!
Qualcun batte.
Apri…
Apri, ti dico.
Per togliermi d’intrico
ad aprir io stesso andrò!
SCENA 15
Non l’avrei giammai creduto,
ma farò quel che potrò!
Leporello! Un’altra cena
fa’ che subito si porti.
Vanne, dico…
Parla, dunque: che chiedi, che vuoi?
Parla, parla, ascoltando ti sto.
A torto di viltate
tacciato mai sarò!
Ho già risolto.
Ho fermo il core in petto:
non ho timor, verrò!
Eccola. Ohimè!
Che gelo è questo mai?
No no, ch’io non mi pento;
vanne lontan da me!
No, vecchio infatuato!
No.
Da qual tremore insolito,
sento assalir gli spiriti,
donde escono quei vortici
di foco pien d’orror!
Chi l’anima mi lacera?
Chi m’agita le viscere?
Che strazio, ohimè, che smania!
Che inferno! che terror!