Don Alfonso (Così fan tutte)

DON ALFONSO

Character from COSÌ FAN TUTTE

Music: Wolfgang Amadeus Mozart
Libretto: Lorenzo Da Ponte

 

 

 

SCENA 1 Terzetto
Ho i crini già grigi,
ex cathedra parlo,
ma tali litigi
finiscano qua.
Tai prove lasciamo…
Oh pazzo desire,
cercar di scoprire
quel mal che trovato
meschini ci fa.
Recitativo
Io son uomo di pace,
e duelli non fo se non a mensa.
Cara semplicità, quanto mi piaci!
Ed io, giuro alla terra,
non scherzo, amici miei;
solo saper vorrei
che razza d’animali
son queste vostre belle,
se han come tutti noi carne, ossa e pelle,
se mangian come noi, se veston gonne,
alfin se dee, se donne son…
E in donne pretendete
di trovar fedeltà?
Quanto mi piaci mai, semplicità!
Terzetto
È la fede delle femmine
come l’araba Fenice.
Che vi sia ciascun lo dice,
dove sia nessun lo sa.
Non è questa, non è quella,
non fu mai, non vi sarà.
Recitativo
Or bene; udite,
ma senza andar in collera.
Qual prova avete voi, che ognor costanti
vi sien le vostre amanti;
chi vi fe’ sicurtà che invariabili
sono i lor cori?
Pianti, sospir, carezze, svenimenti.
Lasciatemi un po’ ridere…
Pian piano.
E se toccar con mano
oggi vi fo che come l’altre sono?
Giochiam.
Cento zecchini.
Parola?
E un cenno, un motto, un gesto
giurate di non far di tutto questo
alle vostre Penelopi.
Da soldati d’onore.
E tutto quel farete
ch’io vi dirò di far.
Bravissimi!
Terzetto
Sarò anch’io de’ convitati?
E che brindis replicati
far vogliamo al dio d’amor!
SCENA 3 Recitativo
Riverisco.
Barbaro fato!
Aria
Vorrei dir e cor non ho…
Balbettando il labbro va…
Fuor la voce uscir non può…
Ma mi resta mezza qua.
Che farete? Che farò?
Oh che gran fatalità!
Dar di peggio non si può…
Ho di voi, di lor pietà.
Recitativo
Convien armarvi,
figlie mie, di costanza.
Morti non son, ma poco men che morti.
No.
Neppur.
Al marzial campo
ordin regio li chiama.
Sul fatto.
Non v’è.
Gl’infelici non hanno
coraggio di vedervi.
Ma se voi lo bramate,
son pronti…
SCENA 4 Quintetto
Nei momenti i più terribili
sua virtù l’eroe palesa.
(Saldo, amico: finem lauda.)
Il destin così defrauda
le speranze de’ mortali,
ah chi mai fra tanti mali,
chi mai può la vita amar.
Recitativo
Lasciate lor tal sfogo: è troppo giusta
la ragion di quel pianto.
(La commedia è graziosa, e tutti due
fan ben la loro parte.)
Ecco, amici, la barca.
SCENA 5 Non v’è più tempo, amici: andar conviene
ove il destino, anzi il dover v’invita.
Del vostro reggimento
già è partita la barca.
Raggiungerla convien coi pochi amici
che su legno più lieve
attendendo vi stanno.
Quintetto
(Io crepo se non rido.)
SCENA 6 Recitativo
Son partiti.
Fate core,
carissime figliuole.
Guardate, da lontano
vi fan cenno con mano i cari sposi.
E a voi salvi gli amanti, e a me gli amici.
Terzetto
Tranquilla sia l’onda,
ed ogni elemento
benigno risponda
ai nostri desir.
SCENA 7 Recitativo
Non son cattivo comico! Va bene…
Al concertato loco i due campioni
di Ciprigna e di Marte
mi staranno attendendo: or senza indugi
raggiungerli conviene… quante smorfie…
quante buffonerie!
Tanto meglio per me…
cadran più facilmente.
Questa razza di gente è la più presta
a cangiarsi d’umore. Oh poverini!
Per femmina giocar cento zecchini?
“Nel mare solca, e nell’arena semina,
e il vago vento spera in rete accogliere
chi fonda sue speranze in cor di femmina.”
SCENA 10 Recitativo
Che silenzio! Che aspetto di tristezza
spirano queste stanze! Poverette!
Non han già tutto il torto.
Bisogna consolarle: infin che vanno
i due creduli sposi,
com’io loro commisi, a mascherarsi,
pensiam cosa può farsi…
Temo un po’ per Despina,… Quella furba
potrebbe riconoscerli… potrebbe
rovesciarmi le macchine,… Vedremo…
Se mai farà bisogno,
un regaletto a tempo, un zecchinetto
per una cameriera è un gran scongiuro.
Ma per esser sicuro si potria
metterla in parte a parte del segreto.
Eccellente è il progetto…
La sua camera è questa…
Despinetta!
Despina mia,
di te bisogno avrei.
Ti vo’ fare del ben.
Parla piano ed osserva.
Sì, se meco sei buona.
Ed oro avrai,
ma ci vuol fedeltà.
Prendi ed ascolta.
Sai che le tue padrone
han perduti gli amanti…
Tutti i lor pianti,
tutti i deliri loro ancor tu sai.
Or ben, se mai,
per consolarle un poco
e trar, come diciam, chiodo per chiodo,
tu ritrovassi il modo
da metter in lor grazia
due soggetti di garbo,
che vorrieno provar, già mi capisci…
C’è una mancia per te di venti scudi,
se li fai riuscir.
Han tutto quello
che piacer può alle donne di giudizio.
Li vuoi veder?
Son lì.
Li posso far entrar?
SCENA 11 Sestetto
Alla bella Despinetta
vi presento, amici miei;
non dipende che da lei
consolar il vostro cor.
(Che ti par di quell’aspetto?)
(Or la cosa è appien decisa:
se costei non li ravvisa,
non c’è più nessun timor.)
Ecco l’istante!
Fa’ con arte: io qui m’ascondo.
Mi dà un poco di sospetto
quella rabbia e quel furor.
Recitativo
Che sussurro! Che strepito!
Che scompiglio è mai questo! Siete pazze,
care le mie ragazze?
Volete sollevar il vicinato?
Cosa avete? Che è nato?
Che male c’è?
Stelle! Sogno o son desto? Amici miei,
miei dolcissimi amici!
Voi qui? Come? Perché? Quando? In qual modo?
Numi! Quanto ne godo! (Secondatemi.)
Oh bella improvvisata!
Se li conosco! Questi
sono i più dolci amici
ch’io m’abbia in questo mondo,
E vostri ancor saranno.
Recitativo
(Aspettate.)
Per carità, ragazze,
non mi fate più far trista figura.
Eh nulla… ma mi pare…
che un pochin di dolcezza…
Alfin son galantuomini,
e sono amici miei.
SCENA 12 Terzetto
E voi ridete?
Ma cosa avete?
Ridete piano.
Se vi sentissero,
se vi scoprissero,
si guasterebbe
tutto l’affar.
Mi fa da ridere
questo lor ridere,
ma so che in piangere
dee terminar.
Recitativo
Si può sapere un poco
la cagion di quel riso?
Poveri innocentini!
Venite qua, vi voglio
porre il ditino in bocca.
Avanti sera
ci parlerem.
Intanto,
silenzio e ubbidienza
fino a doman mattina.
Or bene, andate un poco
ad attendermi entrambi in giardinetto,
colà vi manderò gli ordini miei.
SCENA 13 Recitativo
Oh la saria da ridere: sì poche
son le donne costanti in questo mondo,
e qui ve ne son due… Non sarà nulla…
Vieni, vieni, fanciulla, e dimmi un poco
dove sono e che fan le tue padrone.
E come credi
che l’affar finirà? Vogliam sperare
che faranno giudizio?
Brava! Questa è prudenza.
(Bisogna impuntigliarla.)
Ma intanto quelle pazze…
Lo sanno.
E come
far vuoi perché ritornino,
or che partite sono, e che li sentano
e tentare si lascino
queste tue bestioline?
Son ricchissimi.
Sulla strada
attendendo mi stanno.
SCENA 15 C’è una speranza ancora;
non fate, oh Dei, non fate.
Aspettate.
Veleno buono e bello
che ad essi in pochi istanti
la vita toglierà.
Ah che del sole il raggio
fosco per me diventa.
Tremo: le fibre e l’anima
par che mancar si senta,
né può la lingua o il labbro
accenti articolar.
Ah che purtroppo è vero!
Furenti, disperati,
si sono avvelenati.
Oh amore singolar!
Cosa possiam mai far?
SCENA 16 Eccovi il medico,
signore belle.
Tanti linguaggi
per sé conservi.
Quei miserabili
per ora osservi:
preso hanno il tossico,
che si può far?
Preso han l’arsenico,
signor dottore;
qui dentro il bebbero,
la causa è amore,
ed in un sorso
sel mandar giù.
Egli ha di un ferro
la man fornita…
Come si muovono,
torcono, scuotono,
in terra il cranio
presto percuotono.
Attorno guardano,
forze riprendono:
ah questo medico
vale un Perù.
Son effetti ancor del tossico,
non abbiate alcun timor.
In poch’ore, lo vedrete,
per virtù del magnetismo
finirà quel parossismo,
torneranno al primo umor.
Un quadretto più giocondo
non si vide in tutto il mondo
quel che più mi fa da ridere
è quell’ira, e quel furor.
Ch’io ben so che tanto foco
cangerassi in quel d’amor.

 

SCENA 3 Recitativo
Ah correte al giardino,
le mie care ragazze! Che allegria!
Che musica! Che canto!
Che brillante spettacolo! Che incanto!
Fate presto, correte!
Tosto vedrete.
SCENA 4 Recitativo
Il tutto deponete
sopra quei tavolini, e nella barca
ritiratevi, amici.
Da brave,”incoraggiateli.
Oh cospetto del diavolo,
lasciate tali smorfie
del secolo passato. Despinetta,
terminiam questa festa,
fa’ tu con lei quel ch’io farò con questa.
Quartetto
La mano a me date.
Movetevi un po’.
Se voi non parlate,
per voi parlerò.
Perdono vi chiede
un schiavo tremante;
v’offese, lo vede,
ma solo un istante.
Or pena, ma tace…
Or lasciavi in pace…
Non può quel che vuole,
vorrà quel che può.
Su via, rispondete.
Guardate e ridete?
Per carità, partiamo,
quel che san far veggiamo:
le stimo più del diavolo
s’ora non cascan giù.
SCENA 9 Recitativo
Bravo! Questa è costanza.
Via, se sarete buono
vi tornerò l’antica calma; udite:
Fiordiligi a Guilelmo
si conserva fedel, e Dorabella
infedel a voi fu.
Eh anch’io lo dico!
Volentieri.
Pria però di pagar, vo’ che facciamo
qualche altra esperienza.
Abbiate pazienza, infin domani
siete entrambi miei schiavi: a me voi deste
parola da soldati
di far quel ch’io dirò. Venite; io spero
mostrarvi ben che folle è quel cervello
che sulla frasca ancor vende l’uccello.
SCENA 11 (Ho capito abbastanza:
vanne pur, non temer.)
SCENA 13 Per carità, silenzio!
Lasciamolo sfogar.
Io so qual è: sposarle.
Dunque restate celibi in eterno.
Non c’è abbondanza d’altro.
Ma l’altre che faran se ciò fer queste?
In fondo voi le amate,
queste vostre cornacchie spennacchiate.
Ebben pigliatele
com’elle son. Natura non potea
fare l’eccezione, il privilegio
di creare due donne d’altra pasta
per i vostri bei musi; in ogni cosa
ci vuol filosofia. Venite meco;
di combinar le cose
studierem la maniera.
Vo’ che ancor questa sera
doppie nozze si facciano. Frattanto
un’ottava ascoltate:
felicissimi voi, se la imparate!
Aria
Tutti accusan le donne, ed io le scuso
se mille volte al dì cangiano amore,
altri un vizio lo chiama ed altri un uso,
ed a me par necessità del core.
L’amante che si trova alfin deluso
non condanni l’altrui, ma il proprio errore;
già che giovani, vecchie, e belle e brutte,
ripetetel con me: Co-sì fan tut-te.
SCENA 15 Bravi, bravi! Ottimamente!
Che abbondanza, che eleganza!
Una mancia conveniente
l’un e l’altro a voi darà.
Le due coppie omai si avanzano.
Fate plauso al loro arrivo,
lieto canto e suon giulivo
empia il ciel d’ilarità.
Una scena più piacevole
non s’è vista o si vedrà.
SCENA 17 Miei signori, tutto è fatto.
Col contratto nuziale
il notaio è sulle scale
e ipso fatto qui verrà.
Vo a chiamarlo… Eccolo qua.
Bravo, bravo, in verità!
Bravi, bravi, in verità!
State cheti. Io vo a guardar.
Misericordia!
Numi del cielo!
Che caso orribile!
Io tremo, io gelo!
Gli sposi vostri…
In questo istante
tornano, oh Dio!
Ed alla riva
sbarcano già.
Ma se li veggono?
Ma se li incontrano?
Rasserenatevi.
Ritranquillatevi.
In me fidatevi,
ben tutto andrà.
SCENA ULTIMA Giusti Numi! Guilelmo, Ferrando!
Oh che giubilo! Qui, come e quando?
Dal diletto confuse ed attonite,
mute mute si restano là.
Già cader lasciai le carte,
raccoglietele con arte.
Troppo vero è quel che dice,
e la prova è chiusa lì.
Son stupefatte!
Son mezze matte.
V’ingannai, ma fu l’inganno
disinganno ai vostri amanti,
che più saggi omai saranno,
che faran quel ch’io vorrò.
Qua le destre: siete sposi.
abbracciatevi e tacete.
Tutti quattro ora ridete,
ch’io già risi e riderò.
Fortunato l’uom che prende
ogni cosa pel buon verso,
e tra i casi e le vicende
da ragion guidar si fa.
Quel che suole altrui far piangere
fia per lui cagion di riso,
e del mondo in mezzo i turbini
bella calma troverà.