Azucena – Il Trovatore – Verdi

AZUCENA

IL TROVATORE
Libretto by Salvatore Cammarano for Giuseppe Verdi

 

 

 

Album price: 8,00

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SCENA 1
Stride la vampa! La folla indomita
corre a quel fuoco lieta in sembianza.
Urli di gioia intorno echeggiano.
Cinta di sgherri donna s’avanza!
Sinistra splende su’ volti orribili
la tetra fiamma che s’alza al ciel!
Stride la vampa! Giunge la vittima
nerovestita, discinta e scalza!
Grido feroce di morte levasi.
L’eco il ripete di balza in balza!
Sinistra splende sui volti orribili
la tetra fiamma che s’alza al ciel!
Mesta è la tua canzon!
Del pari mesta
che la storia funesta
da cui tragge argomento!
Mi vendica… Mi vendica!
E tu la ignori,
tu pur!… Ma giovinetto i passi tuoi
d’ambizïon lo sprone
lungi traea! Dell’ava il fine acerbo
è quella storia. La incolpò superbo
conte di malefizio, onde asseria
colto un bambin suo figlio. Essa bruciata
venne dov’arde quel foco!
Condotta ell’era in ceppi al suo destin tremendo,
col figlio, teco, in braccio io la seguìa piangendo.
Infino ad essa un varco tentai, ma invano, aprirmi.
Invan tentò la misera fermarsi, e benedirmi,
ché, fra bestemmie oscene, pungendola coi ferri,
al rogo la cacciavano gli scellerati sgherri!
Allor, con tronco accento: mi vendica! sclamò.
Quel detto un eco eterna in questo cor lasciò.
Il figlio giunsi a rapir del conte.
Lo trascinai qui meco… le fiamme ardean già pronte.
Ei distruggeasi in pianto.
Io mi sentiva il core dilaniato, infranto!
Quand’ecco agli egri spirti, come in un sogno, apparve
la visïon ferale di spaventose larve!
Gli sgherri ed il supplizio! La madre smorta in volto…
scalza, discinta! Il grido, il noto grido ascolto,
Mi vendica!… La mano convulsa tendo… stringo
la vittima… nel foco la traggo, la sospingo!
Cessa il fatal delirio… L’orrida scena fugge.
La fiamma sol divampa, e la sua preda strugge.
Pur volgo intorno il guardo, e innanzi a me vegg’io
dell’empio conte il figlio!
Il figlio mio,
mio figlio avea bruciato!
Sul capo mio le chiome sento rizzarsi ancor!
Tu sei mio figlio!
Ah, forse…
Che vuoi? Quando al pensier s’affaccia il truce
caso, lo spirto intenebrato pone
stolte parole sul mio labbro… Madre,
tenera madre non m’avesti ognora?
A me, se vivi ancora,
nol dei? Notturna, nei pugnati campi
di Pelilla, ove spento
fama ti disse, a darti
sepoltura non mossi? La fuggente
aura vital non iscovrì, nel seno
non t’arrestò materno affetto? E quante
cure non spesi a risanar le tante
ferite!
Ecco mercede
ai giorni, che l’infame
nel singolar certame
ebbe salvi da te! Qual t’acciecava
strana pietà per esso?
Ma nell’alma dell’ingrato
non parlò del cielo un detto!
Oh! se ancor ti spinge il fato
a pugnar col maledetto,
compi, o figlio, qual d’un Dio,
compi allora il cenno mio!
Di vendetta giusta brama
sorga, furor…accenda il tuo
sino all’elsa questa lama
vibra, immergi all’empio in cor.
Mi vendica!
SCENA 2
Che fia!
Manrico!
E speri, e vuoi?
(È fuor di se!)
No… ferma… odi…
Ferma. Son io che parlo a te!
Perigliarti ancor languente
per cammin selvaggio ed ermo.
Le ferite vuoi, demente,
riaprir del petto infermo?
No, soffrirlo non poss’io.
Il tuo sangue è sangue mio!
Ogni stilla che ne versi
tu la spremi dal mio cor!

 

SCENA 4
Aita! Mi lasciate… Oh! furibondi,
che mal fec’io?
Chiedi!
Nol so.
D’una zingara è costume
mover senza disegno
il passo vagabondo,
ed è suo tetto il ciel, sua patria il mondo.
Da Biscaglia, ove finora
le sterili montagne ebbi a ricetto!
Ivi povera vivea,
pur contenta del mio stato.
Sola speme un figlio avea.
Mi lasciò… m’oblìa, l’ingrato!
Io, deserta, vado errando
di quel figlio ricercando,
di quel figlio che al mio core
pene orribili costò!
Qual per esso provo amore
madre in terra non provò!
Lunga, sì.
E tu, parla… sei?
Io?… No… Concedi
che del figlio l’orme io scopra.
(Taci)
Ei mentisce…
Deh!
Oh Dio!
E tu non m’odi,
o Manrico, o figlio mio?
Non soccorri all’infelice
madre tua?
Deh, rallentate, o barbari,
le acerbe mie ritorte.
Questo crudel supplizio
è prolungata morte!
D’iniquo genitore
empio figliuol peggiore,
trema… V’è Dio pe’ miseri,
e Dio ti punirà!

 

SCENA 3
L’invocai più volte,
ma fugge il sonno a queste luci… Prego.
No, da questa
tomba di vivi sol fuggir vorrei,
perché sento il respiro soffocarmi!
Non attristarti.
Far di me strazio non potranno i crudi!
Vedi? Le sue fosche impronte
m’ha già stampato in fronte
il dito della morte!
Troveranno
un cadavere muto, gelido… Anzi,
uno scheletro!
Non odi? Gente appressa…
I carnefici son… vogliono al rogo
trarmi! Difendi la tua madre!
Il rogo!
Parola orrenda!
Un giorno
turba feroce l’ava tua condusse
al rogo… Mira la terribil vampa!
Ella n’è tocca già! Già l’arso crine
al ciel manda faville!
Osserva le pupille
fuor dell’orbita lor! Ahi, chi mi toglie
a spettacol sì atroce?
Sì, la stanchezza m’opprime, o figlio.
Alla quïete io chiudo il ciglio.
Ma se del rogo arder si veda
l’orrida fiamma, destami allor!
Ai nostri monti… ritorneremo…
L’antica pace… ivi godremo…
Tu canterai… sul tuo lïuto…
In sonno placido… io dormirò!
SCENA ULTIMA
Ai nostri monti… ritorneremo…
L’antica pace… ivi godremo…
Tu canterai… sul tuo lïuto…
In sonno placido… io dormirò!
Manrico! Ov’è mio figlio?
Ah ferma! M’odi!
Cielo!
Egli era tuo fratello!
Sei vendicata, o madre!