Despina (Così fan tutte)

DESPINA

Character from COSÌ FAN TUTTE

Music: Wolfgang Amadeus Mozart
Libretto: Lorenzo Da Ponte

 

 

 

 

SCENA 8 Che vita maledetta
è il far la cameriera!
Dal mattino alla sera
si fa, si suda, si lavora, e poi
di tanto che si fa nulla è per noi.
È mezza ora che sbatto,
il cioccolatte è fatto, ed a me tocca
restar ad odorarlo a secca bocca?
Non è forse la mia come la vostra,
o garbate signore,
che a voi dessi l’essenza e a me l’odore?
Perbacco, vo’ assaggiarlo:… Cospettaccio!
Com’è buono! Vien gente.
Oh ciel, son le padrone!
SCENA 9 Diamine! Cosa fate?
Che cosa è nato?
Padrone, dico!
Signora Dorabella,
signora Fiordiligi,
dite, cosa è stato?
Sbrigatevi, in buonora.
Non c’è altro?
Ritorneran.
Come chi sa?
Dove son iti?
Tanto meglio per loro:
li vedrete tornar carchi d’alloro.
Allora, poi,
tanto meglio per voi.
La pura verità: due ne perdete,
vi restan tutti gli altri.
Brave, vi par, ma non è ver: finora
non vi fu donna che d’amor sia morta.
Per un uomo morir! Altri ve n’hanno
che compensano il danno.
Han gli altri ancora
tutto quello ch’han essi.
Un uomo adesso amate,
un altro n’amerete: uno val l’altro,
perché nessun val nulla.
Ma non parliam di ciò; sono ancor vivi,
e vivi torneran; ma son lontani,
e piuttosto che in vani
pianti perdere il tempo,
pensate a divertirvi.
Sicuro! E quel ch’è meglio,
far all’amor come assassine e come
faranno al campo i vostri cari amanti.
Via via, passaro i tempi
da spacciar queste favole ai bambini.
Aria
In uomini, in soldati
sperare fedeltà?
Non vi fate sentir, per carità!
Di pasta simile
son tutti quanti:
le fronde mobili,
l’aure incostanti
han più degli uomini
stabilità.
Mentite lagrime,
fallaci sguardi,
voci ingannevoli,
vezzi bugiardi
son le primarie
lor qualità.
In noi non amano
che ‘l lor diletto;
poi ci dispregiano,
neganci affetto,
né val da’ barbari
chieder pietà.
Paghiam, o femmine,
d’ugual moneta
questa malefica
razza indiscreta;
amiam per comodo,
per vanità.
SCENA 10 Chi batte?
Ed io niente di lei.
A una fanciulla
un vecchio come lei non può far nulla.
Me lo dona?
E che vorrebbe?
È l’oro il mio giulebbe.
Non c’è altro? Son qua.
Lo so.
So tutto.
Non mi dispiace
questa proposizione.
Ma con quelle buffone… Basta, udite:
son giovani, son belli e, sopra tutto,
hanno una buona borsa
i vostri concorrenti?
E dove son?
Direi di sì.
SCENA 11 Che sembianze! Che vestiti!
Che figure! Che mustacchi!
Io non so se son Valacchi,
o se Turchi son costor.
Per parlarvi schietto schietto,
hanno un muso fuor dell’uso,
vero antidoto d’amor.
Le padrone!
Ah Madame, perdonate:
al bel piè languir mirate
due meschin, di vostro merito
spasimanti adorator.
Deh calmate quello sdegno!
Mi dà un poco di sospetto
quella rabbia e quel furor.
Recitativo
DESPINA Li conoscete voi?
SCENA 13 Le povere padrone
stanno nel giardinetto
a lagnarsi coll’aria e colle mosche
d’aver perso gli amanti.
Io lo farei;
e dove piangon esse io riderei.
Disperarsi, strozzarsi
perché parte un amante?
Guardate che pazzia!
Se ne pigliano due, s’uno va via.
È legge di natura
e non prudenza sola. Amor cos’è?
Piacer, comodo, gusto,
gioia, divertimento,
passatempo, allegria: non è più amore
se incomodo diventa,
se, in vece di piacer, nuoce e tormenta.
Quelle pazze
faranno a modo nostro. È buon che sappiano
d’esser amate da color.
Dunque riameranno.
“Diglielo”, si suol dire,
“e lascia fare al diavolo.”
A me lasciate
la briga di condur tutta la macchina.
Quando Despina macchina una cosa,
non può mancar d’effetto: ho già menati
mill’uomini pel naso,
saprò menar due femmine. Son ricchi
i due Monsù mustacchi?
Dove son?
Ite, e sul fatto
per la picciola porta
a me riconduceteli: v’aspetto
nella camera mia.
Purché tutto facciate
quel ch’io v’ordinerò, pria di domani
i vostri amici canteran vittoria;
ed essi avranno il gusto, ed io la gloria.
SCENA 15 Già che a morir vicini
sono quei meschinelli,
pietade almeno a quelli
cercate di mostrar.
Chi mi chiama?
Cosa vedo!
Morti i meschini io credo,
o prossimi a spirar.
Abbandonar i miseri
saria per voi vergogna.
Soccorrerli bisogna.
Di vita ancor dan segno;
colle pietose mani
fate un po’ lor sostegno.
E voi con me correte:
un medico, un antidoto
voliamo a ricercar.
Questo batte lento lento.
SCENA 16 Salvete, amabiles
bonae puellae.
Come comandano,
dunque parliamo:
so il greco e l’arabo,
so il turco, il vandalo,
lo svevo e il tartaro
so ancor parlar.
Saper bisognami
pria la cagione
e quinci l’indole
della pozione;
se calda, o frigida,
se poca, o molta,
se in una volta
bebberla, o più.
Non vi affannate,
non vi turbate:
ecco una prova
di mia virtù.
Questo è quel pezzo
di calamita,
pietra mesmerica,
ch’ebbe l’origine
nell’Alemagna,
che poi sì celebre
là in Francia fu.
Ah lor la fronte
tenete su.
Tenete forte!
Coraggio! Or liberi
siete da morte.
Son effetti ancor del tossico,
non abbiate alcun timor.
In poch’ore, lo vedrete,
per virtù del magnetismo
finirà quel parossismo,
torneranno al primo umor.
Secondate,
per effetto di bontate.
Un quadretto più giocondo
non si vide in tutto il mondo
quel che più mi fa da ridere
è quell’ira, e quel furor.
Ch’io ben so che tanto foco
cangerassi in quel d’amor.
SCENA 1 Andate là, che siete
due bizzarre ragazze!
Per me nulla.
Per voi.
Per voi.
Siete voi donne o no?
E per questo
dovete far da donne.
Trattar l’amore en bagatelle.
Le occasioni belle
non negliger giammai! Cangiar a tempo,
a tempo esser costanti,
coquettizzar con grazia,
prevenir la disgrazia sì comune
a chi si fida in uomo,
mangiar il fico e non gittare il pomo.
Io già le faccio.
Ma vorrei…  more
SCENA 4 Animo, via, coraggio: avete perso
l’uso della favella?
Per voi la risposta
a loro darò.
Quello ch’è stato è stato,
scordiamci del passato,
rompasi omai quel laccio,
segno di servitù.
A me porgete il braccio,
né sospirate più.
Per carità, partiamo,
quel che san far veggiamo:
le stimo più del diavolo
s’ora non cascan giù.
SCENA 10 Ora vedo che siete
una donna di garbo.
Corpo di Satanasso,
questo vuol dir saper! Tanto di raro
noi povere ragazze
abbiamo un po’ di bene,
che bisogna pigliarlo allor ch’ei viene.
Ma ecco la sorella.
Che ceffo!
Cosa è nato,
cara madamigella?
Meglio, meglio!
Mo brava!
Voi non saprete nulla.
SCENA 11 Cosa c’è?
E che volete fare?
(Comanda in abregé, Donna Arroganza.)
Eccomi.
SCENA 14 Vittoria, padroncini!
A sposarvi disposte
son le care madame: a nome vostro
loro io promisi che in tre giorni circa
partiranno con voi; l’ordin mi diero
di trovar un Notaio
che stipuli il contratto; alla lor camera
attendendo vi stanno.
Siete così contenti?
Non è mai senza effetto
quand’entra la Despina in un progetto.
SCENA 15 Fate presto, o cari amici,
alle faci il foco date
e la mensa preparate
con ricchezza e nobiltà!
Delle nostre padroncine
gli imenei son già disposti.
E voi gite ai vostri posti
finché i sposi vengon qua.
Una scena più piacevole
non s’è vista o si vedrà.
SCENA 17 Augurandovi ogni bene
il notaio Beccavivi
coll’usata a voi sen viene
notariale dignità!
E il contratto stipulato
colle regole ordinarie
nelle forme giudiziarie,
pria tossendo, poi sedendo,
clara voce leggerà.
Per contratto da me fatto
si congiunge in matrimonio
Fiordiligi con Sempronio,
e con Tizio Dorabella,
sua legittima sorella,
quelle dame ferraresi,
questi, nobili albanesi.
E per dote e contra dote…
Bravi, bravi, in verità!
Che romor! Che canto è questo?
Ma se li veggono?
Ma se li incontrano?
SCENA ULTIMA Non signor, non è un notaio;
è Despina mascherata,
che dal ballo or è tornata
e a spogliarsi venne qua.
Una furba che m’agguagli
dove mai si troverà!
Stelle, che veggo!
Al duol non reggo!
Io non so se veglio o sogno:
mi confondo, mi vergogno.
Manco mal, se a me l’han fatta,
che a molt’altri anch’io la fo.
Fortunato l’uom che prende
ogni cosa pel buon verso,
e tra i casi e le vicende
da ragion guidar si fa.
Quel che suole altrui far piangere
fia per lui cagion di riso,
e del mondo in mezzo i turbini
bella calma troverà.