IDAMANTE – Idomeneo – Mozart

IDAMANTE

IDOMENEO
Libretto by Giovanni Battista Varesco for Wolfgang Amadeus Mozart

 

 

Album price: 9,00

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SCENA 1
Recitativo
Tutto m’è noto.
E so che a’ danni tuoi
ad Eolo unito e a Giove
il suo regno sconvolse…
Di chi?
Oh voto strano!
Male s’usurpa
un re, suddito a’ numi, il lor diritto
d’esiger, di punir, se al loro esempio
giusto non è, fedele a sue promesse.
Medica man la piaga
premendo salda: il ciel gradì il tuo voto,
virtù dal cielo attendi.
Perdona: a noi non lice
chieder ragione ai numi.
D’un monarca la vita non rifletti
quanto apprezzin li dèi? Certo, la tua
un prezzo inestimabile costò!
Or dimmi:
chi primo tu incontrasti?
Idamante!
Io vengo meno!
Trovisi in altro clima altro soggiorno.
Purché al popol si celi.
Per altra via intanto
Nettun si placherà, qualche altro nume
di lui cura n’avrà.
Aria
Se il tuo duol, se il mio desio
se n’ volassero del pari,
a ubbidirti qual son io,
saria il duol pronto a fuggir.
Quali al trono sian compagni,
chi l’ambisce or veda e impari:
stia lontan, o non si lagni,
se non trova che martir.
SCENA 2
IDAMANTE
Radunate i Troiani, ite, e la corte
sia pronta questo giorno a celebrar.
Di dolce speme a un raggio
scema il mio duol. Minerva, della Grecia
protettrice, involò al furor dell’onde
il padre mio. In mar di qui non lunge
comparser le sue navi. Indaga, Arbace,
il sito, che a noi toglie
l’augusto aspetto.
Del fato de’ troian più non dolerti.
Farà il figlio per lor quanto farebbe
il genitor e ogn’altro
vincitor generoso. Ecco: abbian fine,
principessa, i lor guai.
Rendo lor libertade, e ormai fra noi
sol prigioniero fia, sol fia, che porte
chi tua beltà legò care ritorte.
Venere noi punì, di noi trionfa.
Quanto il mio genitor, ahi rimembranza,
soffrì de’ flutti in sen? Agamennone,
vittima in Argo alfin, a caro prezzo
comprò que’ suoi trofei, e non contenta
di tante stragi ancor la dea nemica,
che fe’? Il mio cor trafisse,
Ilia, co’ tuoi bei lumi
più possenti de’ suoi,
e in me vendica adesso i danni tuoi.
Sì, di Citerea il figlio
incogniti tormenti
stillommi in petto. A te, pianto e scompiglio
Marte portò, cercò vendetta, Amore,
in me de’ mali tuoi, quei vaghi rai,
quei tuoi vezzi adoprò… Ma, all’amor mio,
d’ira e rossor tu avvampi?
Aria
Non ho colpa, e mi condanni,
idol mio, perché t’adoro.
Colpa è vostra, o Dei tiranni,
se di pena afflitto io moro
d’un error che mio non è.
Se tu il brami, al tuo impero
aprirommi questo seno.
Ne’ tuoi lumi, il leggo, è vero,
ma mel dica il labbro almeno,
e non chiedo altra mercé.
Recitativo
Or quei ceppi
io romperò, vuo’ consolarli adesso.
(Ahi, perché tanto far non so a me stesso?)
SCENA 3
Recitativo
Scingete le catene, ed oggi il mondo,
o fedele Sidon suddita nostra,
vegga due glorìosi
popoli, in dolce nodo avvinti e stretti,
di perfetta amistà.
Elena armò la Grecia e l’Asia, ed ora,
disarma e riunisce ed Asia e Grecia,
eroina novella,
principessa più amabile, e più bella.
SCENA 4
Veder basti alla Grecia
vinto il nemico. Opra di me più degna
a mirar s’apparecchi, o Principessa:
vegga il vinto felice.
SCENA 5
Arbace viene.
Ma quel pianto, ch’annunzia?
Più non vive
il genitor?
Ilia, de’ viventi
eccoti il più meschin. Or sì dal cielo
soddisfatta sarai… Barbaro fato!
Corrasi al lido… ahimè, son disperato!
SCENA 10
Recitativo
Spiagge romite, e voi scoscese rupi,
testimoni al mio duol siate, e cortesi
di questo vostro albergo
a un agitato cor… quanto spiegate
di mia sorte il rigor, solinghi orrori!…
Vedo fra quegli avanzi
di fracassate navi su quel lido
sconosciuto guerrier… Voglio ascoltarlo,
vuo’ confortarlo, e voglio
in letizia cangiar quel suo cordoglio.
Sgombra, o guerrier, qual tu ti sia, il timore.
Eccoti pronto a tuo soccorso quello,
che in questo clima offrir tel può.
Premio al mio cor sarà
l’esser pago d’averti
sollevato, difeso: ahi troppo, amico,
dalle miserie mie instrutto io fui
a intenerirmi alle miserie altrui.
Dell’amor mio,
ciel, il più caro oggetto.
In quegli abissi spinto
giace l’eroe Idomeneo estinto.
Ma tu sospiri e piangi?
T’è noto Idomeneo?
Che favelli?
Vive egli ancor? (Oh Dei! Torno a sperar.)
Ah dimmi, amico, dimmi:
dov’è? Dove quel dolce aspetto
vita mi renderà?

 

SCENA 6
Oh ciel!
Pria di partir, oh dio!
soffri che un bacio imprima
sulla paterna man.
Seconda i voti, o ciel!
Vado…
(e il mio cor qui resta.)
Addio!
(Destin crudel!)
(Oh Ilia!)
Oh padre! Oh partenza!
Deh cessi il scompiglio;
del ciel la clemenza
sua man porgerà.

 

 SCENA 2
Recitativo
Principessa, a’ tuoi sguardi
se offrirmi ardisco ancor, più non mi guida
un temerario affetto: altro or non cerco
che appagarti e morir.
Più teco io resto, più di te m’accendo
e s’aggrava mia colpa. A che il castigo
più a lungo differir?
Il genitore,
pien di smania e furore,
torvo mi guarda e fugge,
e il motivo mi cela.
Da tue catene avvinto, il tuo rigore
a nuovi guai m’espone. Un fiero mostro
fa da per tutto orrida strage. Or questo
a combatter si vada
e vincerlo si tenti,
o finisca la morte i miei tormenti.
Privo del tuo amore,
privo, Ilia, di te, nulla mi cale.
Il mio fato crudel seguir degg’io.
Oh dèi! Che ascolto?
Principessa adorata!
Odo? O sol quel che brama
finge l’udito, o pure il grand’ardore
m’agita i sensi e il cor lusinga oppresso
un dolce sogno?
Duetto
S’io non moro a questi accenti,
non è ver che amor uccida,
che la gioia opprima un cor.
Tu sarai…
La mia sposa…
Lo dica Amor.
Ah il gioir sorpassa in noi
il sofferto affanno rio:
tutto vince il nostro ardor.
SCENA 3
Recitativo
Non temer, idol mio.
Signor, già più non oso
padre chiamarti: a un suddito infelice
deh questa almen concedi
unica grazia.
Forse per colpa mia Nettun sdegnossi?
Ma la colpa qual è?!
Dunque io me n’andrò… ma dove?
Oh Ilia!… oh genitor!
Deh resta, oh cara, e vivi in pace. Addio!
Quartetto
Andrò rammingo, e solo
morte cercando altrove
fin che la incontrerò.
Ah no!
Serena il ciglio irato.
Ah il cor mi si divide!
Soffrir più non si può.
Peggio è di morte
sì gran dolore:
più fiera sorte,
pena maggiore
nissun provò.
SCENA 9
Recitativo
Padre, mio caro padre, ah dolce nome!
Eccomi a’ piedi tuoi: in questo estremo
periodo fatal, su questa destra,
che il varco al sangue tuo nelle mie vene
aprir dovrà, gl’ultimi baci accetta.
Ora comprendo che il tuo turbamento
sdegno non era già, ma amor paterno.
O mille volte e mille
fortunato Idamante,
se chi vita ti diè vita ti toglie,
e togliendola a te la rende al cielo,
e dal cielo la sua in cambio impetra,
ed impetra costante a’ suoi la pace
e de’ numi l’amor sacro e verace!
Oh padre!…
Ah non t’arresti inutile pietà,
né vana ti lusinghi
tenerezza d’amor. Deh vibra un colpo
che ambi tolga d’affanno.
Ceda natura al suo autor: di Giove
questo è l’alto voler.
Rammenta il tuo dover. Se un figlio perdi,
cento avrai numi amici. Figli tuoi
i tuoi popoli sono.
Ma se in mia vece brami
chi t’ubbidisca ed ami,
chi ti sia accanto e di tue cure il peso
teco ne porti, Ilia ti raccomando…
Deh un figlio tu esaudisci
che moribondo supplica e consiglia:
s’ella sposa non m’è, deh siati figlia.
Aria
No, la morte io non pavento,
se alla patria, al genitore
frutta, oh numi! il vostro amore
e di pace il bel seren.
Agli elisi andrò contento,
e riposo avrà quest’alma,
se in lasciare la mia salma
vita e pace avrà il mio ben.
SCENA 10
Recitativo
Ilia, t’accheta…
Ah troppo,
Ilia, sei generosa!
Vittima sì preziosa il genitore
non promise a Nettun, me scelse il fato;
la frigia in te ancor vive:
chi sa a qual fine il ciel ti serba in vita
e della Grecia in sen?
Invan morir presumi.
Idolo mio!
Deh dammi del tuo amor l’ultimo pegno.
Ah no, la gloria in pace
lasciami di morire
per la mia patria.
Oh dio!
In me è dover…
O vivi e parti,
o insiem noi moriremo.
Oh ciel pietoso!